Magica La Tène
Una storia archeologica che dura da secoli
Laténium: il Museo
“È il più grande museo svizzero di archeologia con i suoi 3’000 oggetti esposti stabilmente su una superficie di 2’500 metri quadrati; ma nei magazzini ci sono più di mezzo milione di reperti che continuano ad aumentare grazie alle scoperte archeologiche e ai lasciti”.
Così introduce il Laténium, il suo direttore Marc-Antoine Kaeser
( nella foto qui sotto, ndr) Un grande e moderno edificio, situato all’interno di un parco con presenze archeologiche, a Hauterive sul lago di Neuchâtel, che raccoglie sotto lo stesso tetto anche sale per mostre temporanee, un laboratorio di restauro, la Facoltà di archeologia preistorica dell’Università e l’Ufficio cantonale di archeologia; un centro multifunzionale che spazia su 50mila anni di storia. Il nucleo centrale del museo si cristallizza attorno ai reperti emersi negli anni dalle acque del lago e del fiume Thielle, risalenti alla Seconda Età del Ferro, vale a dire gli ultimi secoli prima della nostra era. Costato svariati milioni, il museo neocastellano organizza da un ventennio mostre temporanee, che accompagnano la sezione espositiva fissa, e altre attività collaterali, con un coinvolgimento nel tempo di oltre mezzo milione di visitatori. Laténium è un neologismo creato per richiamare uno dei siti archeologici più illustri della Svizzera che dista pochi chilometri: La Tène.
“Le sfide che dobbiamo affrontare oggi - mi ha detto Marc-Antoine Kaeser in un’intervista - sono fondamentalmente due: continuare a coinvolgere un pubblico ampio, non solo di nicchia, utilizzando moderni strumenti museografici e di comunicazione; in secondo luogo razionalizzare i depositi per rendere sempre più fruibili le ampie collezioni conservate nei magazzini e far circolare gli oggetti. È vitale stabilire un legame profondo con la società civile, interagire con altri musei, le scuole, i teatri della Romandia, la stampa, come pure con l’economia in generale, perché l’archeologia, è stato dimostrato, può diventare un fattore trainante per lo sviluppo di un turismo di qualità. Questo lo facciamo anche grazie alle mostre temporanee e ad iniziative culturali e ricreative aperte a tutti”.
Il sito di La Tène
Ma perché questa piccola località di 5’000 abitanti è diventata un sito importante per tutta l’archeologia europea? Un eponimo, come si dice, per la cultura celtica relativa alla Seconda età del ferro in tutta Europa, da nord a sud, da est a ovest. È una lunga storia. Verso la metà dell’800 la Svizzera archeologica era stata contaminata dalla ‘febbre delle palafitte’, dopo che erano stati individuati insediamenti umani antichi sulle sponde dei laghi, primo fra tutti quello di Zurigo; poi via via erano tornate alla luce altre testimonianze: suppellettili e oggetti della vita quotidiana relativi a popolazioni lacustri stanziate attorni ai laghi lungo un arco di tempo ampio.
‘La cultura di La Tène’ è letteralmente venuta a galla un bel mattino del novembre 1857 quando un pescatore di nome Hans Kopp, incaricato da un famoso collezionista di antichità biennese che ne apprezzava il talento esplorativo, scopre sul fondo del lago una serie di pali ancora in posizione verticale, chiaramente resti di un insediamento palafitticolo. Si sapeva che dove c’era stata una presenza umana, ci sarebbero state anche testimonianze materiali di vita quotidiana: ceramica, armi, suppellettili, gioielli, oggetti vari in legno, osso e bronzo unitamente a resti di ossa animali. Kopp ripesca a La Tène una messe di reperti che sono però in ferro, tra i quali quattordici spade e otto punte di lancia in ottimo stato di conservazione, merito del suolo umido e dell’acqua che ne hanno favorito il mantenimento. Una primizia in Europa che è l’inizio di un’avventura che, tra alti e bassi, non è ancora conclusa, e fa del sito neocastellano un punto di riferimento per la cultura gallica degli ultimi secoli del I millennio a.C.: La Tène diviene nel mondo scientifico internazionale un riferimento per classificare gli oggetti risalenti a quel periodo. Si conoscono oggi più di 4’500 reperti inventariati, sparsi in diversi musei, provenienti dal piccolo sito neocastellano. Da studi recenti emergerebbe come la grande quantità di armi trovate potrebbe essere riferita alla presenza di un monumento commemorativo. E questo è il capitolo successivo della storia.