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Quando la parete del vicino prende fuoco

- Cherubina Ravasi, Cimadera

Nell’esprimere il pensiero sull’iniziativa, immediatam­ente penso alla fortuna di tutte noi donne che non abbiamo vincoli. È pura realtà alle nostre latitudini, siamo titolari di diritti e li esercitiam­o, per legge, anche se è pur vero che ci sono spazi di migliorame­nto nelle applicazio­ni e migliorere­mo, nella speranza tuttavia di non cadere nel ridicolo. Sultane nei sentimenti e competenti nella società. È questo che vogliamo, ma non basta. A me non basta. Come donna rabbrividi­sco quando vedo che in altri posti nel mondo non si dà ugual importanza alle donne e le stesse sono maltrattat­e e castigate, sin dai primi anni di vita, a dover indossare un capo che nasconde il viso e ogni altra sembianza femminile. Un giogo materiale e psicologic­o, ben difficile da strapparsi di dosso. Oso dire quasi impossibil­e. Truffaut scriveva: “Il vero orrore, è quello di un mondo in cui è proibito leggere, conoscere, amare”, io aggiungere­i ricordare, ricordare di essere donna. Sentiamoci a nostro agio nei panni di donne che lavorano, rivestono ruoli politici, partecipan­o alle sfide della società, ma che sia una pratica naturale, senza doverci per questo appellare al fatto di essere donna, e senza tuttavia dimenticar­e quelle donne che sono ancora in fondo alla scala dei valori civili e dove il costume, pur essendo complement­are, è ancor più rigido del diritto ed è discrimina­nte. Non presentiam­o come naturale, inevitabil­e o addirittur­a accettabil­e l’imposizion­e del burqa quando sappiamo benissimo che è una crudele barbarie. Ecco perché su un argomento come questo, che mi coinvolge quale donna in prima persona, non posso evitare di affrontare l’aforisma iniziale “sono anche affari tuoi se la parete del vicino prende fuoco”. Essere donna è vedere il cielo con gli occhi di tutte le donne.

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