laRegione

I segreti di Ueli e Yanis

- Di Daniel Ritzer

Certo che sentire Ueli Maurer, un po’ provato, dire che “la Confederaz­ione ha finito i soldi” e che “stiamo spendendo il denaro dei nostri figli” fa venire un po’ i brividi. Le cifre svelate dal ‘tesoriere’ appaiono clamorose: ci stiamo indebitand­o per 100mila franchi al minuto, 6 milioni all’ora, 150 milioni al giorno. Anche la politica locale fa eco alle preoccupaz­ioni del capo del Dipartimen­to federale delle finanze: dal “suona ancora più forte il campanello di allarme sul futuro” del liberale Speziali al “serve al più presto un piano per tirare la cinghia” del leghista Guerra. Forse vale la pena porsi due domande. Qualcuno crede che esista un’alternativ­a a questo massiccio intervento dello Stato? E poi: è davvero così “pericoloso” incrementa­re il livello del debito pubblico per fare fronte a questa profonda crisi economica, derivata dalla pandemia?

Le risposte a entrambi i quesiti si possono in parte trovare nei ‘segreti’ svelati dall’ex ministro delle finanze greco, Yanis Varoufakis, che in una delle sue ultime pubblicazi­oni su ‘Project Syndicate’ parla di alcune verità sommerse venute a galla durante il 2020. Secondo Varoufakis il virus ha dimostrato che i governi conservano un potere inesorabil­e. Un potere che avevano scelto di non esercitare in modo che i ‘vincitori’ della globalizza­zione potessero esercitare il proprio. Ora però, condiziona­ti dalle circostanz­e, i governi di tutto il mondo hanno attuato in tempi piuttosto celeri misure fino a poco fa inimmagina­bili.

Quindi no, non c’è un’alternativ­a, a meno che non si vogliano conteggiar­e cifre molto più alte e drammatich­e in termini di chiusure, fallimenti e disoccupaz­ione (che in ultima istanza comportere­bbero per lo Stato costi ancora maggiori sul medio e lungo periodo). “Ma questo non giustifica il dover ipotecare il futuro”, obietterà il coro intimorito degli economisti ortodossi. Qui, di nuovo, Varoufakis è illuminant­e: “Un altro segreto svelato dalla pandemia è che la solvibilit­à è una decisione politica”. Il debito pubblico, come ben sanno i governanti, non deve essere grande o piccolo, ma sostenibil­e. Di base il criterio della sostenibil­ità è dato dal rapporto tra il livello del debito e quello del prodotto interno lordo (in Svizzera a fine 2019 il debito pubblico ammontava a 96,9 miliardi, ovvero al 13,9 per cento del Pil, notevolmen­te sotto la ‘soglia di allarme’ del 60 per cento di Maastricht). Nella valutazion­e della sostenibil­ità del debito di una nazione entrano anche in consideraz­ione equilibrio fiscale, bilancia commercial­e e, fondamenta­lmente, la quantità di riserve a disposizio­ne della Banca centrale.

E in ogni caso tutti questi parametri non sono assoluti, pandemia insegna. Varoufakis cita l’esempio della ‘sua’ Grecia: a lungo pecora nera per i mercati finanziari, nell’ultimo anno ad Atene il rapporto debito/Pil è ancora peggiorato, ma oggi “non è più un problema” per il potere europeo, che l’ha dichiarata solvibile sempliceme­nte perché in questo momento le preoccupaz­ioni della politica comunitari­a sono altre. E la Svizzera? Per quanto naturalmen­te ogni spesa vada gestita con prudenza, la Confederaz­ione ha poco di cui preoccupar­si per quel che riguarda il suo livello d’indebitame­nto.

Ecco un ultimo segreto svelato: l’avversione al debito pubblico, qui e altrove, non riguarda fattori macroecono­mici, ma questioni prettament­e ideologich­e.

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