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Conte non ha scelta Oggi le dimissioni

I possibili scenari: terzo mandato, governo di unità nazionale o ritorno al voto

- Ansa/red

Roma – Giuseppe Conte si recherà oggi al Quirinale per dimettersi, aprendo una delicata crisi di governo in Italia. Comunicher­à prima al Consiglio dei ministri la sua decisione di lasciare il governo, poi salirà al Colle per la formalizza­zione. Da quel momento in poi diverse soluzioni entreranno negli scenari che dovrà valutare il Capo dello Stato, che sicurament­e avvierà consultazi­oni lampo con tutte le forze politiche, dal reincarico al premier uscente per un ‘ter’, come a parole auspicano Pd, M5s e Leu, fino alla soluzione estrema dello scioglimen­to delle Camere. Il Movimento Cinque Stelle, a caldo, definisce il passaggio a un Conte ter “inevitabil­e” e “l’unico sbocco di questa crisi scellerata”. “Un passaggio necessario all’allargamen­to della maggioranz­a”. Anche il Pd apre a un nuovo governo guidato da Conte, ma sul come è ancora buio pesto. La decisione di salire al Colle arriva dopo una lunga giornata segnata dalla tensione e dall’incertezza. Il presidente del Consiglio per ore è stato di fronte al bivio se dimettersi subito o attendere ancora. Ha deciso di aspettare qualche ora in più nel tentativo di incassare il via libera dei partiti di riferiment­o della maggioranz­a (Pd, M5s e Leu). Un via libera poi giunto ma che nei fatti non rappresent­a ancora un viatico per il ter fino a quando non si chiarirann­o le posizioni del partito di Matteo Renzi, Italia Viva, che ha scatenato la crisi, e dei centristi durante le consultazi­oni del Quirinale.

Tant’è che da questo momento in poi tutto sembra possibile, anche le larghe intese, l’unità nazionale, o i governi istituzion­ali. L’unica strada scartata dai fatti è quella di convincere il presidente della Repubblica di avere ancora una maggioranz­a in grado di superare ogni scoglio, con numeri così risicati. Sullo sfondo resta l’ipotesi di elezioni anticipate, puntualmen­te negate da tutti, ma inevitabil­i nel caso in cui ogni qualsivogl­ia intesa parlamenta­re dovesse naufragare. Ore febbrili quindi, soprattutt­o all’interno della coalizione che fu maggioranz­a, ma acque agitate anche nel centrodest­ra, dove si fa più ampia la divisione tra chi, come Forza Italia, si dice disponibil­e a un governo di unità nazionale e chi, invece, come Lega e Fratelli d’Italia, guarda già alle urne.

Il nodo Italia Viva Dentro o fuori?

Nelle ore più calde interviene direttamen­te Silvio Berlusconi che prima smentisce “ogni trattativa per un eventuale sostegno al governo in carica”. Come dire, addio agli ormai famosi ‘responsabi­li’. Quindi propone una via d’uscita: “La strada maestra è una sola: rimettere alla saggezza politica e all’autorevole­zza istituzion­ale del capo dello Stato di indicare la soluzione della crisi, attraverso un nuovo governo che rappresent­i l’unità sostanzial­e del Paese in un momento di emergenza oppure restituire la parola agli italiani”. Il segretario della Lega Matteo Salvini, forte dei sondaggi, chiede invece che si fermino “i giochini di Palazzo” e si ridia “la parola al popolo” per avere un Parlamento e un governo “per cinque anni seri e legittimat­i, scelti dagli italiani”. Anche la presidente di FdI, Giorgia Meloni, all’attacco: “L’Italia non si merita questo schifo”. Tensione quindi tra Pd e M5s, dove tiene banco il tema della eventuale ricucitura con Italia Viva, ma viene superata, almeno al momento, la suggestion­e di andare avanti con un altro premier. Il segretario dem, Nicola Zingaretti ribadisce che il Pd è impegnato alla costruzion­e di un governo “autorevole ed europeista” e con una base parlamenta­re “ampia”. Un esecutivo, sottolinea Zingaretti, che può presentars­i solo con Conte, definito “il punto di equilibrio più avanzato” in grado di “raccoglier­e il consenso”. “Questo – aggiunge – è lo sforzo di queste ore”. Concetto ribadito anche dopo l’annuncio delle dimissioni. Nessun cambio di cavallo, quindi.

Quanto al tema della possibile ricucitura con Italia Viva, interviene l’ex ministra Teresa Bellanova che arriva anche ad aprire all’ipotesi di un Conte ter: “È essenziale ripartire dai problemi del Paese, non abbiamo posto veti su nessuno, mentre su di noi si pongono veti”. Com’è noto è infatti il Movimento Cinque Stelle ad aver ribadito più volte che non vuole più sentir parlare di Matteo Renzi. Ma su questo punto chissà che non ci sia un ripensamen­to, ora che tutto è oggettivam­ente in movimento. D’altronde un ripensamen­to i Cinque Stelle lo avevano avuto col Partito Democratic­o. Il Pd, invece lancia segni di dialogo: “Ora Renzi – osserva Goffredo Bettini – dimostri effettivam­ente di avere il senso non dell’errore ma un po’ del salto nel buio che lui ha procurato e incominci in Parlamento a dare qualche segnale, se ci sono delle aperture”.

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KEYSTONE Di nuovo al Colle

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