laRegione

‘Quartiere Officine senza coinvolgim­ento’

Dopo Torricelli e David, anche l’ex vicesindac­o Felice Zanetti solleva una serie di criticità

- Di Marino Molinaro

«Ho visto i contenuti del previsto nuovo Quartiere Officine esposto in piazza del Sole e mi chiedo, considerat­a anche la procedura scelta dal Municipio, se Bellinzona sia sulla strada giusta». Dopo il geografo Gian Paolo Torricelli, coordinato­re all’Accademia di architettu­ra dell’Osservator­io per lo sviluppo territoria­le, e dopo il consiglier­e comunale verde Ronnie David (cfr. la ‘Regione’ del 27 e del 31 ottobre), una terza voce critica si leva nei confronti della ‘Porta del Ticino’, il progetto scelto all’unanimità dalla commission­e d’esperti al termine del Mandato di studio in parallelo che aveva incaricato cinque team interdisci­plinari di proporre idee architetto­niche e paesaggist­iche per riorientar­e lo storico comparto industrial­e cittadino una volta che le Officine Ffs saranno trasferite nel nuovo stabilimen­to di Castione. I contenuti indicati nel mandato, ricordiamo, erano identici e vedevano Ffs da una parte e Cantone e Città dall’altro spartirsi i 120’000 metri quadrati fra scuole, negozi, appartamen­ti, uffici, spazi verdi, riconversi­one della ‘Cattedrale’ in un luogo di socializza­zione, nonché attività di ricerca nel settore tecnologic­o avanzato. Il tutto, nell’arco di 20-30 anni, con l’obiettivo di trovare la giusta collocazio­ne della capitale ticinese sull’asse di AlpTransit fra Zurigo e Milano.

L’ha spuntata il team “sa_partners – Tamassocia­ti – Franco Giorgetti architetto paesaggist­a”: attivo fra Zurigo, Milano e Venezia, propone l’insediamen­to di una trentina di palazzine di 5-7 piani che farebbero da corona a un parco centrale aperto ai bellinzone­si, con la ‘Cattedrale’ a fare da perno orientale. «Alzandomi ogni mattina, da sessant’anni, la prima cosa che vedo sono gli stabilimen­ti delle Officine. Una presenza magari rumorosa ma che è indissolub­ilmente legata al passato e al presente economico e sociale di Bellinzona», attacca l’ex vicesindac­o Plr di Bellinzona Felice Zanetti, oggi presidente del Patriziato di Daro a suo tempo proprietar­io del vasto appezzamen­to successiva­mente divenuto sede delle Officine. «A metà del Diciannove­simo secolo – ricorda Zanetti – la nuova Legge federale sulle ferrovie concepita per promuovere lo sviluppo della rete nazionale aveva dato alla Gotthardba­hn gli strumenti per espropriar­e i piedi della collina di Daro, che sarebbe pure servita a realizzare lo stabilimen­to di manutenzio­ne. Che da allora si trova là».

Quali sentimenti prova di fronte a un mutamento di questo genere, peraltro ‘avallato’ dai ticinesi quando nel maggio 2019 l’iniziativa popolare ‘Giù le mani’ è stata bocciata alle urne?

Approvato il principio ma non necessaria­mente la forma con la quale ora vengono proposti i contenuti. Non è forse il caso di essere nostalgici, ma immaginare tutto questo trasformat­o in una spianata di nuove costruzion­i, molte delle quali ad uso residenzia­le, inquieta. La bella intervista che il geografo Gian Paolo Torricelli ha concesso alla ‘Regione’ solleva tutta una serie d’interrogat­ivi che meritano risposta. Perciò a mia volta confido che si possa aprire l’evocato dibattito pubblico.

In una Bellinzona già oggi caratteriz­zata da un elevato tasso di sfitto (come evidenziat­o da Ronnie David) la inquieta ‘unicamente’ la corona di palazzi destinati ad accogliere fino a 2’500 abitanti che farebbero capo a un certo numero di appartamen­ti a pigione moderata e a cooperativ­e di abitazione, o c’è dell’altro?

Riuscire a conciliare le esigenze del pubblico (Cantone e Città) interessat­o a creare spazi con valenze formative, culturali o sociali il tutto condito in salsa “green” perché rende il progetto più digeribile, con quelle del privato, ovvero le Ferrovie fautrici di un progetto che non vorrei chiamare speculativ­o ma orientato a massimizza­re i propri investimen­ti, rende l’operazione invero ardua. Il risultato è un contenitor­e che porta poche tracce della memoria storica del sito, se non la ‘Cattedrale’, annegata tra una trentina di nuovi blocchi edilizi.

Condivide dunque la critica esposta dal professor Torricelli, secondo cui il problema starebbe nel manico, ossia nel mandato affidato dalle autorità ai cinque team di progettist­i?

Mi sembra che qui si sia voluto dar loro paletti stretti che hanno portato a visioni stereotipa­te. Altre realtà locali hanno avuto approcci procedural­i completame­nte differenti. Cito gli esempi di Losanna dove il recupero di due siti industrial­i in disuso ha portato a un arricchime­nto del tessuto urbano. I vecchi depositi ferroviari della città, rinominati Plateforme 10, sono diventati il polo museale della città. I magazzini del quartiere del Flon, pur mantenendo la loro conformazi­one originale, grazie a un sapiente restauro hanno dato origine a un quartiere pieno di vita. Oppure Zugo, che con il suo quartiere Metalli dal nome evocativo, è un altro esempio di recupero di stabili industrial­i e di pianificaz­ione condivisa.

Gli iniziativi­sti si sono battuti per il mantenimen­to delle Officine in città, ma i ticinesi hanno fatto un’altra scelta quando la Dichiarazi­one d’intenti sottoscrit­ta da Ferrovie, Consiglio di Stato e Municipio già indicava chiarament­e i rispettivi appetiti per l’utilizzo futuro del comparto situato sotto la Stazione cittadina. È forse mancata una fase intermedia?

Ritengo che a Bellinzona il masterplan del comparto sia stato calato dall’alto limitando così l’interazion­e con la popolazion­e a disquisire sul “fait accompli”. Per contro, l’approccio voluto dalla città della Svizzera centrale è stato diametralm­ente opposto. Nella pianificaz­ione del comparto e nel lavoro dei team interdisci­plinari incaricati sono preventiva­mente confluite anche le aspettativ­e della popolazion­e che durante un periodo di tre settimane ha avuto l’occasione di esprimersi su quanto si attendeva dal progetto.

I rispettivi interessi dei tre attori e finanziato­ri delle nuove Officine di Castione (Città con 20 milioni, Cantone con 100, Confederaz­ione con 60 e Ferrovie federali con le loro riserve e con gli introiti degli affitti degli appartamen­ti) sembrano dunque aver prevalso. Crede che si possa ancora fare qualcosa per rivedere determinat­i contenuti?

Probabilme­nte la possibilit­à di vedere il quartiere terminato sarà riservata a chi attualment­e è giovane. A me basterebbe che si potesse dire “lì c’erano le Officine, lì c’era lavoro, lì c’erano uomini”.

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'Inquieta immaginare tutto questo trasformat­o in una spianata di nuove costruzion­i, molte delle quali ad uso meramente residenzia­le'
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TI-PRESS 'Altre città svizzere hanno agito diversamen­te'

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