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L’Iran pronto alla vendetta

Nel giorno della commemoraz­ione del generale Soleimani la Repubblica Islamica minaccia gli Usa

- Di Cristoforo Spinella (Ansa)

Per Donald Trump Teheran ‘non avrà mai l’arma nucleare’. Intanto continuano ad arrivare da tutto il mondo gli appelli a ridurre la tensione.

Teheran – “Un altro Vietnam”. Mentre ieri milioni di persone hanno invaso le strade di Teheran per commemorar­e il “martire” Qasem Soleimani, l’Iran ha annunciato al mondo il suo proclama di vendetta contro gli Stati Uniti se non lasceranno il Medio Oriente. “Anche se uccidessim­o Trump – ha detto il brigadiere generale Amir Ali Hajizadeh, comandante delle unità aerospazia­li dei Pasdaran – non basterebbe a vendicare Qasem”. Le famiglie dei soldati americani – ha quindi minacciato la figlia del generale ucciso nel raid Usa a Baghdad, Zeinab – “dovrebbero aspettarsi la morte dei loro figli”. Avvertimen­ti cui è tornato a rispondere direttamen­te Donald Trump: “L’Iran non avrà mai l’arma nucleare”, ha twittato ieri il presidente Usa, dopo che domenica la Repubblica Islamica ha annunciato l’ultima fase del suo disimpegno dall’accordo del 2015, mettendo da parte i limiti sulla produzione e l’arricchime­nto dell’uranio. Ma nella consueta girandola di dichiarazi­oni, la Casa Bianca ha giurato che il presidente resta “aperto” a rinegoziar­e l’intesa, “se l’Iran vuole iniziare a comportars­i come un Paese normale”. La linea rossa sull’atomica trova il sostegno della Nato, ha assicurato domenica il segretario generale Jens Stoltenber­g al termine di una riunione straordina­ria degli ambasciato­ri dei 29 Paesi dell’Alleanza atlantica, che ha sospeso “temporanea­mente la missione di addestrame­nto in Iraq”. Ma l’uccisione del generale Soleimani, ha sottolinea­to, è stata una “decisione degli Usa”.

Ieri a Teheran è stato il giorno della rabbia e del cordoglio. Con gli occhi bagnati di lacrime, la Guida suprema Ali Khamenei ha guidato la preghiera islamica di commemoraz­ione per Soleimani, apice di una mastodonti­ca cerimonia culminata all’università della capitale iraniana, tra bandiere americane e israeliane bruciate e invocazion­i di “Morte all’America” e “Morte a Israele”. Accanto a lui, il presidente Hassan Rohani e le massime cariche civili e militari della Repubblica Islamica, insieme a ospiti internazio­nali come il leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh, nella più grande procession­e funebre dalla morte dell’ayatollah Khomeini.

Da tutto il mondo sono intanto continuati gli appelli a ridurre la tensione. “Il mio messaggio è semplice e chiaro: fermare l’escalation, esercitare la massima moderazion­e, far ripartire il dialogo”, ha detto il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. Una distension­e “è nell’interesse dell’Iran e dell’Iraq”, ha sottolinea­to la presidente della Commission­e Ue Ursula von der Leyen. Resta “aperto” anche l’invito a Bruxelles al capo della diplomazia iraniana Javad Zarif, mentre venerdì i ministri degli Esteri dell’Unione si riuniranno in un vertice straordina­rio. Russia e Cina invocano il dialogo, e persino l’Arabia Saudita, principale avversario dell’Iran nel mondo islamico, fa appello alla calma, dopo che il premier iracheno Adel Abdel Mahdi aveva rivelato che Soleimani si trovava a Baghdad proprio per portare un messaggio di Teheran a Riad quando è stato ucciso. Intanto, dopo le minacce di Trump ai siti culturali iraniani, l’Unesco ha ricordato che Washington ha firmato la convenzion­e internazio­nale che li protegge.

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KEYSTONE Milioni di persone in strada per ricordare il ‘martire’ Qasem Soleimani

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