Big tech: 2020 ancora generoso?
Il 2019 era iniziato malissimo per Apple e per tutta Wall Street. Sembrava che sarebbe stato l’anno del ridimensionamento dei Big tech con meno profitti e più controlli sul loro dominio sul mercato. Invece si chiude con nuovi record.
Apple e Microsoft valgono ognuna in Borsa oltre un trilione cioè oltre mille miliardi di dollari e insieme agli altri tre colossi Usa dell’alta tecnologia – Amazon, Alphabet (Google) e Facebook – arrivano a 4’861 miliardi.
Per avere un’idea dell’enormità di questa cifra basti pensare che supera il Prodotto interno lordo della Germania, il quarto Paese al mondo per grandezza dell’economia. D’accordo, la capitalizzazione in Borsa è il valore attuale delle azioni delle società quotate mentre il Pil è il valore di tutte le merci e servizi prodotti ogni anno in un Paese, quindi i due dati non sono direttamente confrontabili. Comunque significa che i soci dei cinque Big tech potrebbero comprarsi tutto quello che i tedeschi producono in un anno, dalle automobili Mercedes ai treni Siemens, dalle birre Beck’s alle scarpe Adidas, e avanzerebbero ancora un bel po’ di spiccioli. Inoltre i fondatori sopravvissuti delle società citate – Steve Wozniak di Apple, Bill Gates di Microsoft, Jeff Bezos di Amazon, Larry Page e Sergey Brin di Alphabet, Mark Zuckerberg di Facebook – da soli valgono 414 miliardi di dollari. Una tale accumulazione di ricchezza è senza pari, almeno dai tempi della Standard oil dei Rockefeller nell’Ottocento, ha fatto notare il Wall Street Journal.
Ebbene, il 3 gennaio 2019 i tre principali indici crollarono in un solo giorno del 2,5-3%. Per il Dow Jones (le 30 aziende più rappresentative) e l’S&P500 (le 500 più grandi) fu il peggior inizio d’anno dal 2000 e per il Nasdaq (mercato dei titoli ad alta crescita, soprattutto tecnologici) fu il peggiore dal 2005. A spaventare gli investitori era stato Tim shock, l’amministratore delegato di Apple, annunciando di aver ridotto le previsioni delle vendite dell’ultimo trimestre 2018. Non era mai successo nei precedenti 15 anni del marchio della Mela. Lo choc fece crollare del 10% le sue quotazioni, il più forte ribasso in percentuale dal 2013, e trascinò giù tutta Wall Street. Da allora le quotazioni di Apple sono quasi raddoppiate e la capitalizzazione è passata da 670 a 1’300 miliardi di dollari. Non solo: venerdì le azioni hanno toccato il massimo storico, a 300 dollari. Dopo due trimestri in calo, il fatturato e i profitti sono tornati ad aumentare. È vero, le vendite del prodotto più famoso, l’iPhone, non sono brillanti come negli anni scorsi, sia per la concorrenza sempre più agguerrita sia per una saturazione del mercato degli smartphone. Ma in compenso sta andando molto bene la campagna per aumentare gli introiti da servizi: Luca Maestri, il responsabile finanziario, ha appena annunciato di aver quasi raggiunto l’obiettivo dei 500 milioni di abbonati entro il 2020. Già a settembre c’erano 450 milioni di fan della Mela abbonati a una delle piattaforme: la «nuvola» o la musica o la tv o ancora, ultimo servizio lanciato, i videogiochi. E questo significa un flusso di entrate più stabile.
Le mosse di Nadella
Microsoft era riuscita per qualche mese a battere Apple e diventare la più grande società per valore in Borsa, sull’onda del successo della strategia del Ceo Satya Nadella. Ora è tornata al secondo posto ma vale sempre oltre 1 trilione, il 60% in più rispetto all’inizio del 2019. Un successo trainato dal cloud computing, il business su cui Nadella
punta maggiormente per continuare a crescere: i servizi in cloud offerti via internet alle aziende, dall’immagazzinaggio dei dati alla loro analisi e gestione «intelligente». L’ultimo cliente conquistato, scalzando Amazon, è il Pentagono con cui Microsoft ha firmato un contratto decennale da 10 miliardi di dollari. Nel cloud computing il numero uno però resta per ora Amazon con Aws (Amazon web services), che macina più profitti della gigantesca piattaforma di vendita online per cui la società di Bezos è famosa presso il largo pubblico. Anche Amazon aveva raggiunto una valutazione di 1 trilione di dollari nel settembre 2018, ma da allora ha perso quota. Resta comunque al terzo posto fra i Big tech e Bezos (il più ricco al mondo con 111 miliardi di patrimonio personale, nonostante il divorzio gli sia costato caro) programma di continuare a crescere con una strategia dei servizi simile a quella di Apple: fidelizzare gli abbonati al suo servizio Prime, già oltre 100 milioni in America, con l’offerta di nuovi contenuti e conquistarne di nuovi in altri mercati.
Alphabet, viva il cloud computing
Anche Alphabet, la holding che controlla Google e quindi YouTube, vede nel cloud computing una nuova fonte importante di fatturato e profitti: il nuovo Ceo Sundar Pichai ha come missione piazzarsi entro il 2023 al numero due, dietro cioè Amazon o Microsoft, secondo indiscrezioni raccolte dal sito di notizie tecnologiche The Information. Per il resto, Pichai nel 2020 potrebbe ridimensionare gli investimenti (e le perdite) sulle attività sperimentali di Alphabet per concentrarsi su quelle redditizie.
Facebook: dati personali e Libra
Facebook, infine, nel 2019 ha visto aumentare del 54% il suo valore in Borsa, contro ogni aspettativa di declino. Nonostante tutte le polemiche sull’abuso dei dati personali degli utenti, sul monopolio nei social network con ben quattro piattaforme (Facebook, Messenger, Instagram e WhatsApp) e, ultimamente, anche sul progetto di valuta virtuale Libra, Zuckerberg sembra non perdere «amici»: ne ha 2,8 miliardi che ogni mese nel mondo usano almeno una delle quattro piattaforme; e quindi resta un punto di riferimento per i marchi che vogliono fare pubblicità mirata.
Non sembra realistico pensare che il 2020 sarà altrettanto generoso con i cinque Big tech. Ma il 2019 ha mostrato quanto sono capaci di stravolgere ogni previsione.