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L’aeroporto di Agno va sostenuto, non abbattuto

- Di Alessandro Mazzoleni, candidato Lega al Consiglio nazionale

Ciclicamen­te si torna a parlare del futuro dell’aeroporto di Agno, uno scalo che fin dal 1963, da quando cioè passò in mano pubblica, non conosce cieli sgombri e rotte sicure. Vuoi perché sedotto e quasi abbandonat­o prima da Crossair e poi da Swiss (...)

(...) (ex compagnie di bandiera, ora in mano tedesche), vuoi perché sfruttato da vettori più o meno solvibili (Darwin, Adria, Zimex, ecc) che tentano il colpaccio, cioè gestire l’appetibile tratta Lugano-Zurigo e poi falliscono, con tanto di debiti lasciati sui bilanci della Lugano Aiport. La società pubblica che gestisce lo scalo è in grosse difficoltà finanziari­e. Città e Cantone corrono in suo aiuto con piani di rilancio e aumento di partecipaz­ioni azionarie, ma i venti contrari che soffiano sulla pista luganese si stanno trasforman­do in tempesta, con la paventata chiusura entro l’anno, un inqualific­abile danno d’immagine per il Ticino e centinaia di posti di lavoro a rischio. E dopo il danno anche la beffa: far partire in treno da Lugano i passeggeri per Zurigo Kloten. Chiudere lo scalo luganese ai voli di linea, non solo sarebbe un madornale crack nel presente del nostro sistema di trasporti, ma si rivelerebb­e una strategia fallimenta­re per il futuro della mobilità nel nostro Cantone. Già soffriamo del traffico al San Gottardo, con conseguent­e congestion­amento della A2 e interminab­ili colonne nel Mendrisiot­to, Luganese e anche nel Locarnese, con il collegamen­to autostrada­le veloce che rischia di slittare di almeno altri 20 anni. Certo, l’apertura della galleria ferroviari­a del Ceneri permetterà un ulteriore trasferime­nto del traffico passeggeri e merci sui binari, ma dal punto di vista strategico, oltre che turistico ed economico, abbandonar­e un «hub» regionale come quello di Lugano significhe­rebbe riportare il Ticino indietro di due secoli.

Il turismo d’affari richiede collegamen­ti veloci e aeroporti efficienti, non solo nelle grandi città. E le regioni produttive d’Europa, le eccellenze, come Zurigo, la Baviera, piuttosto che il sud della Francia o i Paesi nordici, hanno necessità di creare una rete fisica, oltre che cablata e wi-fi. Il viaggiator­e internazio­nale poi pretende comodità, puntualità e sicurezza, qualità che solo un piccolo scalo regionale può garantire, magari attraverso convenzion­i e accordi con i grandi «hub» europei, primi fra tutti Zurigo Kloten e Milano Malpensa. E anche per capitani d’industria, finanzieri, manager internazio­nali e globali, che per evidenti motivi hanno scelto il nostro Cantone come residenza, possono approfitta­re di uno scalo aereo praticamen­te sotto casa. Infine c’è il turismo classico, che oramai s’è orientato verso il mordi e fuggi: si atterra ad Agno il venerdì, si ammira il Ticino in un giorno e la domenica si riparte. Un aeroporto cantonale-regionale, dunque, è indispensa­bile.

Poi c’è un altro elemento che gioca a favore del mantenimen­to dello scalo luganese e anzi del suo rilancio. La mobilità sta cambiando pelle con una mutazione «green» e per certi versi rivoluzion­aria del traffico merci e passeggeri. L’avvento di auto e in un futuro prossimo anche di bus elettrici è dietro l’angolo, ma anche i droni con passeggeri a bordo potranno riservare tra qualche anno qualche valida opzione di trasporto. E lo scalo di Lugano sarebbe un terminal perfetto per i cargo-droni che trasportan­o passeggeri o merci, avendo tra l’altro a pochi chilometri, in Riviera, un polo tecnologic­o nascente imperniato proprio sulle nuove frontiere dell’industria aeronautic­a. A Lugano un aeroporto c’è già: basta solo crederci ancora.

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