a cura di Beppe Donadio
Mordi e fuggi come non mai, nei soli otto brani di quest’opera che cade nel 40ennale di carriera – e giusto 20 anni dopo l’autobiografia ‘A cure for gravity’ – c’è un’energia retro per tutti i nostalgici di ‘Look sharp’, che attendevano un album così dal 1979. Ai non nostalgici, invece, gratificati anche da tutto il resto (‘Night music’ e ‘Heaven & Hell’ inclusi), poteva pure bastare lo splendido e ricco ‘Fast forward’ (2015), la cui titletrack non vale una sola canzone di ‘Fool’. Ma ‘Fool’ è un album di Joe Jackson ed essergli contemporanei è un privilegio: calmati i pruriti pop-punk di ‘Big black cloud’e‘Fabulously absolute’, si ascoltino la notte newyorkese di ‘Strange land’ (notte che in realtà è parigina, ma pare uscita da ‘Night & Day II’) e ‘Friend better’, coda alla Steely Dan da far muovere la testa come il groove di Donald Fagen (senza più Walter Becker) chiama e impone.
L’effetto pellicola è ancor più efficace poggiando la puntina sul vinile. Poco cambia in digitale, perché ‘Candlelight’, che ha già abbondantemente anticipato il nuovo di Jack Savoretti, resta un meraviglioso salto nel tempo, al pari di ‘Dying for your love’. Merito anche degli studios di Ennio Morricone nei quali l’album è stato registrato, catturando con successo certi orizzonti italo-western del Maestro. In ‘Touchy situation’ è Bob Dylan che scrive, e Jack ne fa una cosa (intelligentemente) non-dylaniana; di ‘What more can I do’, misuratamente R’n’B, ci si può invaghire e dell’intima ‘Singing to strangers’, nata da una constatazione della figlioletta (“Mio papà canta agli sconosciuti”), innamorare. La cover, cosa che non guasta, ha il primo piano degli album della maturità. Appendice: quello del 7 maggio al Palacongressi, del Savoretti adolescente a Carona, è un gradito e atteso ritorno.