‘Scarso approfondimento dei dossier’. ‘Maggiore preparazione professionale’
«Lo ripeto da anni: quando il caso riguarda un fanciullo, è il bambino che va messo al centro, mentre a volte ho l’impressione che al centro vi siano le procedure», afferma Myriam Caranzano-Maitre. Porre il fanciullo al centro significa fra l’altro «rispettare i suoi tempi, tempi urgenti, molto più brevi di quelli di un adulto». Rileva Pietro Vanetti: «Come si fa a parlare di rispetto dei diritti del bambino quando per esempio da un anno e mezzo è sospeso il diritto di visita del padre perché l’Arp continua ad assecondare le richieste della madre e questo nonostante l’autorità di vigilanza dica, con due decisioni, di ripristinare il diritto di visita del papà?!». Racconta Lisa Bacchetta: «Il nostro sportello d’ascolto riceve in media circa 150 chiamate all’anno di persone confrontate con decisioni delle Autorità regionali di protezione. E non pochi sono i problemi che ci vengono segnalati. Tra quelli principali figurano lo scarso approfondimento dei dossier da parte delle Arp e la loro limitata conoscenza dei servizi presenti sul territorio che possono intervenire per collaborare nella presa a carico di un determinato caso». E a proposito di tempi «ci sono diversi utenti che lamentano attese troppo lunghe per una decisione». Insomma, aggiunge Bacchetta, «c’è una discontinuità nella qualità e nei tempi delle decisioni». In altre parole, non tutte le Arp funzionano egregiamente o ‘viaggiano’ alla stessa velocità. Per Claudia Nespeca: «Parliamo di un tema estremamente delicato, e mi riferisco qui alla tutela e ai diritti del paziente anziano, dove anche il lavoro in rete, ovvero la cooperazione fra servizi e associazioni, è importante, molto importante. Questo lavoro va migliorato e presuppone fra i vari enti anche una fiducia reciproca. E la loro reperibilità. Da questo punto di vista i tempi per mettersi in contatto con molte Arp sono un po’ ridotti». Ciò, secondo Rudy Novena, «è da ricondurre in particolare alla mancanza, nelle Arp in generale, di un numero sufficiente di risorse umane». Ma non c’è solo un problema di numeri. «Serve una maggiore preparazione professionale di coloro che operano nelle Arp, le quali devono puntare su un’approccio multidisciplinare ai casi», osservano Vanetti e Novena.