Carnevale: radici, storie e leggende
Un periodo fonte di gioia e felicità, in cui il divertimento incontra la tradizione popolare
Sulle tracce dell’origine dei nomi delle feste che impazzano: dallo stemma comunale alle usanze, agli alimenti fino ai lavori peculiari di ogni paese, fra miti popolari e tanta fantasia.
Non solo coriandoli e bagordi: la festa ha un passato fatto di leggende, usi e costumi. E dove la storia popolare regna padrona.
‘Ul Carnevaa’. Un’espressione dialettale che portava un sorriso sul viso di tutti i bambini. Una festa tradizionale che in Ticino esiste da più di cent’anni e che ha saputo adeguarsi anche al mondo moderno. In concomitanza col giovedì grasso, siamo andati alla scoperta delle radici etimologiche di una delle feste più sentite nel cantone (cfr. correlati). È grazie invece allo studio “Carnevale” della collaboratrice scientifica del Centro di dialettologia ed etnologia di Bellinzona Giovanna Ceccarelli, che è stato possibile contestualizzare alcuni aspetti caratteristici delle origini dei bagordi. Sebbene siano parzialmente sopravvissuti, una volta c’erano veri e propri riti, come ‘l’uccisione del Carnevale’ e altre chiusure simboliche. La sera dell’ultimo giorno si accendevano fuochi, con tutta la gente festante intorno: il Carnevale veniva proprio condannato a morte. In altre località venivano organizzati duelli tra creature, personaggi e figure allegoriche. Nel Sopraceneri, rumori e urla caratterizzavano i cortei dell’ultimo giorno. I ragazzi di Carasso andavano a Bellinzona facendo baccano. A Sessa, l’annuncio della fine del Carnevale era data dal ‘Maresciallo’: la sera del martedì grasso infilava sulla sua alabarda tre aringhe, per ricordare a tutte le persone l’inizio della Quaresima. Aurigeno era segnata da un evento piuttosto particolare: una vecchia arrivava accompagnata da un caprone. Sulle corna erano fissate due candele accese. Quando tutti avevano finito di mangiare, faceva due giri intorno alla caldaia, per poi tornare a casa. In molte località la presenza di una maschera di capra o caprone è una prassi classica per indicare la fine della festa. I Carnevali hanno tutti nomi diversi, per differenziarli. Nella maggior parte dei casi sono nomignoli scherzosi portati dagli abitanti: sono nati così i ‘Carnevaa di gòss’ (a Caslano, dove vivono i ‘gozzuti’) e ‘Carnevaa di sciòri’ (a Bioggio, paese di ‘signori’). Normalmente si tratta di reami, ma ci sono delle eccezioni. A Tesserete non vi è un vero e proprio Re: ‘Ul Penagin’ è un contadino, una persona semplice. Il Carnevale di Chiasso nasce come Repubblica. vi è un primo ministro, che sostituisce l’autorità municipale. Quasi sempre i nomi dei regnanti si ispirano ai soprannomi degli abitanti, come Re goss di Canobbio governa i goss. A Muralto il Re Sbotapiss regna sugli sbotapiss. Lugano obbedisce a Re Sbroja. Altrove, invece, si ricorre a nomi indipendenti, come Re Tecet di Manno, che prende spunto da una piccola casetta abbandonata situata sopra il paese, chiamata ‘Tecet’ dagli abitanti.