laRegione

Carnevale: radici, storie e leggende

Un periodo fonte di gioia e felicità, in cui il divertimen­to incontra la tradizione popolare

- Di Michele Lepori

Sulle tracce dell’origine dei nomi delle feste che impazzano: dallo stemma comunale alle usanze, agli alimenti fino ai lavori peculiari di ogni paese, fra miti popolari e tanta fantasia.

Non solo coriandoli e bagordi: la festa ha un passato fatto di leggende, usi e costumi. E dove la storia popolare regna padrona.

‘Ul Carnevaa’. Un’espression­e dialettale che portava un sorriso sul viso di tutti i bambini. Una festa tradiziona­le che in Ticino esiste da più di cent’anni e che ha saputo adeguarsi anche al mondo moderno. In concomitan­za col giovedì grasso, siamo andati alla scoperta delle radici etimologic­he di una delle feste più sentite nel cantone (cfr. correlati). È grazie invece allo studio “Carnevale” della collaborat­rice scientific­a del Centro di dialettolo­gia ed etnologia di Bellinzona Giovanna Ceccarelli, che è stato possibile contestual­izzare alcuni aspetti caratteris­tici delle origini dei bagordi. Sebbene siano parzialmen­te sopravviss­uti, una volta c’erano veri e propri riti, come ‘l’uccisione del Carnevale’ e altre chiusure simboliche. La sera dell’ultimo giorno si accendevan­o fuochi, con tutta la gente festante intorno: il Carnevale veniva proprio condannato a morte. In altre località venivano organizzat­i duelli tra creature, personaggi e figure allegorich­e. Nel Sopracener­i, rumori e urla caratteriz­zavano i cortei dell’ultimo giorno. I ragazzi di Carasso andavano a Bellinzona facendo baccano. A Sessa, l’annuncio della fine del Carnevale era data dal ‘Maresciall­o’: la sera del martedì grasso infilava sulla sua alabarda tre aringhe, per ricordare a tutte le persone l’inizio della Quaresima. Aurigeno era segnata da un evento piuttosto particolar­e: una vecchia arrivava accompagna­ta da un caprone. Sulle corna erano fissate due candele accese. Quando tutti avevano finito di mangiare, faceva due giri intorno alla caldaia, per poi tornare a casa. In molte località la presenza di una maschera di capra o caprone è una prassi classica per indicare la fine della festa. I Carnevali hanno tutti nomi diversi, per differenzi­arli. Nella maggior parte dei casi sono nomignoli scherzosi portati dagli abitanti: sono nati così i ‘Carnevaa di gòss’ (a Caslano, dove vivono i ‘gozzuti’) e ‘Carnevaa di sciòri’ (a Bioggio, paese di ‘signori’). Normalment­e si tratta di reami, ma ci sono delle eccezioni. A Tesserete non vi è un vero e proprio Re: ‘Ul Penagin’ è un contadino, una persona semplice. Il Carnevale di Chiasso nasce come Repubblica. vi è un primo ministro, che sostituisc­e l’autorità municipale. Quasi sempre i nomi dei regnanti si ispirano ai soprannomi degli abitanti, come Re goss di Canobbio governa i goss. A Muralto il Re Sbotapiss regna sugli sbotapiss. Lugano obbedisce a Re Sbroja. Altrove, invece, si ricorre a nomi indipenden­ti, come Re Tecet di Manno, che prende spunto da una piccola casetta abbandonat­a situata sopra il paese, chiamata ‘Tecet’ dagli abitanti.

 ??  ??
 ?? TI-PRESS E CDE BELLINZONA ?? Alcuni riti sono rimasti, altri si sono estinti o evoluti. Ma la voglia di stare assieme è rimasta
TI-PRESS E CDE BELLINZONA Alcuni riti sono rimasti, altri si sono estinti o evoluti. Ma la voglia di stare assieme è rimasta

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland