Fa rissa, s’oppone al decreto e poi ritratta Maxirapina, tre a processo
«Ritiro l’opposizione, sono molto dispiaciuto e pentito». Colpo di scena ieri alle Assise correzionali di Lugano, dov’era stato rinviato un 34enne che aveva impugnato un decreto d’accusa che proponeva una condanna per ripetuta minaccia, vie di fatto, danneggiamento, ripetuta guida senza autorizzazione, senza licenza, senza assicurazione e pure in stato d’inettitudine. L’uomo, uno svizzero residente nel Luganese, ha infatti cambiato idea: «La salute di mio padre è molto grave – ha spiegato –, sono stato in Bosnia (il suo Paese d’origine, ndr) per questo e ho pensato molto agli errori che ho fatto, anche grazie alla mia compagna. Vorrei chiedere scusa anche ai proprietari del locale, sto cercando un lavoro per ripagare i danni». A seguito della dichiarazione spontanea, con la quale è stato accettato il decreto del procuratore pubblico Moreno Capella, il giudice Marco Villa ha sospeso il processo ritornando l’incarto al Ministero Pubblico affinché cresca in giudicato. Il 34enne ha quindi di fatto ammesso la colpa per aver nella primavera del 2017 aggredito due giovani: entrambi sono stati minacciati con un taglierino puntato alla gola e uno dei due è stato colpito con dei pugni. I fatti sono avvenuti in un bar, dove l’imputato ha distrutto del mobilio. Un mesetto prima, inoltre, aveva minacciato con un coltellino svizzero un altro giovane su un treno e più volte è stato trovato alla guida di veicoli – in un’occasione anche dopo aver bevuto –, sebbene la licenza di condurre gli fosse stata revocata. Dovrà ora scontare circa cinque mesi e mezzo in carcere: oltre ai 70 giorni inflitti da Capella, altri 97 di una precedente pena ripristinati a causa dell’ultimo decreto. DISTE Processo immediato per tre dei quattro presunti autori della maxi rapina al Casinò di Campione d’Italia. Lo chiede il pm Daniela Moroni, sostituto procuratore di Como. All’appello manca ancora l’autore materiale del colpo dello scorso 28 marzo. E soprattutto non c’è traccia del bottino: oltre 750mila franchi. La magistrata è convinta di avere sufficienti elementi per provare la responsabilità degli imputati. E gli elementi probatori sembrano essere numerosi, iniziando dalla piena confessione resa da colui che ha ammesso di essere stato la ‘talpa’. Si tratta di un 53enne comasco, residente nel Mendrisiotto, responsabile dell’area slot del casinò, che aveva aperto la strada per la stanza del tesoro all’autore materiale del colpo. Arrestato a maggio, da un paio di mesi è ai domiciliari. Gli altri due arrestati, in carcere da luglio, sono ritenuti gli ideatori del colpo. Entrambi della provincia di Como, il primo è amico di una vita dell’ex dipendente del Casinò. Per l’accusa i due conoscono l’identità del rapinatore. Ma in tutte le occasioni sono rimasti in silenzio, tanto che la pm non ha ritenuto di interrogarli. M.M.