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Una svolta per ridare slancio

L’Itf ha approvato la riforma della Coppa Davis: dal 2019 una settimana evento con 18 nazioni in una sede unica

- Di Marzio Mellini

La riforma della Coppa Davis approvata dall’Itf – dal 2019 competizio­ne concentrat­a in un’unica sede in una settimana a fine novembre, con 18 nazioni al via – è lo specchio dei tempi: qualche nostalgico storcerà il naso, è inevitabil­e, ma è bene che il tennis guardi avanti e si adegui a logiche mercantili che fanno forse a pugni con la tradizione, ma si rendono necessarie affinché la disciplina continui a suscitare l’interesse del grande pubblico, amante dei grandi appuntamen­ti (Slam su tutti), non per forza attratto da una competizio­ne a squadre in cui sovente a latitare sono i grandi campioni.

Segue dalla Prima Certo, osserverà qualcuno, è brutto che sull’altare del dollaro venga sacrificat­o anche il fascino di una competizio­ne ultracente­naria come la Coppa Davis. Vero. Ma avrebbe giovato a qualcuno mantenerne intatti spirito e tradizione, salvo però svilirli in una formula antica, superata, di scarso impatto e di scarso interesse agli occhi di chi, invece, la dovrebbe esaltare, vuoi giocando le partite, vuoi pagando il biglietto per andare a vederle? Tanto vale arrendersi al nuovo corso della disciplina, costretta a stare al passo con i tempi per non disperdere l’attenzione che ha attirato su di sé. Luce verde alla riforma, quindi. Riuniti a Orlando, i 120 delegati presenti all’assemblea della federazion­e internazio­nale (Itf), hanno accolto il progetto di riforma della Coppa Davis. La proposta ha raccolto il 71,43 per cento dei consensi (per essere approvata avrebbe dovuto superare lo scoglio dei due terzi dei presenti). La riforma darà un volto completame­nte nuovo al torneo, fondato nel 1900. In sostanza la competizio­ne verrà disputata sull’arco di una settimana (e non più in quattro weekend di tre giorni da aprile a novembre) durante la quale si daranno battaglia 18 nazioni. Gli incontri si disputeran­no al meglio dei tre set: niente più maratone di cinque set, dunque.

Un calcio alla tradizione

La riforma è stata voluta anche per cercare di dare nuovo slancio a una competizio­ne sovente snobbata dalle migliori racchette al mondo, che una volta vinta poi non si presentano più, lasciandol­a in pasto alle seconde linee, che però a pubblico e sponsor interessan­o poco. Per questa riforma, l’Itf ha firmato un contratto di partenaria­to che assicurerà tre miliardi di dollari (2,5 miliardi di euro circa) sull’arco di 25 anni, venti milioni di dollari (17 milioni di euro) annuali garantiti ai giocatori e ancora di più alle federazion­i. L’edizione del 2018 (in corso) sarà dunque l’ultima di Coppa Davis che si disputerà con la vecchia formula. Non è una resa, è semmai una svolta. Una svolta che tradisce la capacità di adattament­o di uno

sport ancorato a vecchi schemi, adeguati però alle esigenze del terzo millennio, con tutti i compromess­i del caso, in termini di innovazion­e. Perché no, dando anche un calcio alla tradizione, per una volta. Anche parlando di tennis, il ragionamen­to

si sposta, da tempo ormai, su tre livelli: sport, business e intratteni­mento, con il denaro quale comune denominato­re. Con questi presuppost­i, ragionare solo in termini di nostalgia è superato. Proprio come la formula della Coppa Davis che l’Itf ha deciso di pensionare, dando via al nuovo corso. Senza fare l’unanimità, ma tanto è bastato. Un calcio alla tradizione, questo è certo. Ma anche un doveroso passo nel futuro, da parte di una disciplina in cerca di un futuro all’altezza del proprio passato.

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KEYSTONE Lucas Pouille regalò il successo alla Francia, 9 mesi fa a Lilla

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