Tornare nella strada
Per quattro settimane Lucerna ospita musicisti provenienti da tutto il mondo. Via la cravatta, un’edizione decisa a conquistare un pubblico giovane e a riportare la musica nello spazio comune per eccellenza...
A ottant’anni dalla sua fondazione il Lucerne Festival sceglie come motto e tema conduttore “Kindheit”, che convalida con un’offerta ancora accresciuta di eventi per bambini e famiglie. Ne ho contati più di venti tra i centotrenta che formano il cartellone di quest’anno. È sempre intrigante osservare questi fanciulli all’uscita dalle sale dei concerti, non di corsa come dalle aule scolastiche alla fine delle lezioni, ma assorti, impegnati a trattenere nella mente qualche tema musicale, qualche sorpresa armonica, non ancora rotti ai luoghi comuni della cultura aulica, alle convenzioni sociali, ma già attenti alle cose ineffabili che quando sono dimenticate servono ancora. Stanno nel tema anche i tre “Wunderkind-Debut”, che si aggiungono ai sette “Debut” cameristici programmati nella Lukaskirche: protagonisti Alma Deutscher, tredicenne compositrice, pianista e violinista inglese; Lionel Martin, quindicenne violoncellista tedesco, Dmitri Ishkhanov, tredicenne pianista russo.
Festival in evoluzione
Ma nel cartellone ci sono altre, più significative tracce dell’evoluzione, quasi una rivoluzione, che il Festival sta compiendo con fermezza sotto la direzione di Michael Haefliger. Il concerto inaugurale del 17 agosto, nel quale la Lucerne Festival Orchestra presenterà musiche di Stravinsky e Mozart, sarà preceduto, sulla piazza davanti al KKL da un concerto di un’orchestra di fiati, la National Youth Wind Orchestra of Great Britain, che si annuncia con 67 giovani strumentisti in un programma che va da Händel ai compositori inglesi moderni. Poi dal 21 al 26 agosto la rassegna “In den Strassen”, che giunge al suo tredicesimo anno: 8 gruppi etnici da tutto il mondo si esibiranno nelle strade della vecchia città e da veri suonatori ambulanti raccoglieranno le offerte del pubblico. Questo coraggio di tornare sulla strada rivela il desiderio di togliere la musica colta da quella torre d’avorio, che può
anche essere crogiolo, per dirla con Thomas Mann, della volgarità e del luogo comune. E vale anche per il moto contrario, i dodici concerti brevi “40min”, programmati con ingresso gratuito nel Luzerner Saal. In un’economia di mercato come la nostra è giusto che la cultura abbia un prezzo, oso dire che costi anche cara, ma forse un ingresso gratuito può servire a superare, oltre a qualche reticenza psicologica, anche qualche ristrettezza economica. Una volta c’era sui biglietti d’ingresso del Festival la scritta “Abendanzug erwünscht”. Nel 2003 i Berliner Philharmoniker, per l’esecuzione di “Surrogate Cities” di Heiner Goebbels, salirono sul palco in manica di camicia. L’anno dopo apparve sui biglietti un più conciliante “Festliche Anzug”. Dopo un paio d’anni scomparve anche questa scritta. Oggi la cravatta è un’opzione e mi sembra che rinunciare a metterla d’estate non sia un’ostentazione snob.
Grande lavoro mediatico
Anche immagini un po’ banali della musica possono essere rivelatrici del desiderio che i concerti non siano incontri mondani, che la cultura non sia passatempo, ma lavoro. Un intento perseguito a Lucerna anche con l’imponente stampa per ogni concerto di quaderni, che consentono all’ascoltatore la preparazione approfondita di ogni brano e, nelle biblioteche dei melomani, sono destinati a occupare scaffali importanti tra i libri di storia della musica. Il KKL dà sicuramente un contributo importante al successo del Lucerne Festival. L’edificio costruito da Jean Nouvel vent’anni fa, col tetto fortemente aggettante sopra la piazza, viene soprattutto citato per la bellezza e l’acustica del Konzertsaal di 1’800 posti, dove in un unisono di sessanta archi all’ascoltatore par di distinguere il timbro di ogni strumento, dove la pianta rettangolare del parallelepipedo segue la sagoma di un violino e dà al pubblico l’impressione di avvolgere l’orchestra. Si rinnova ogni volta l’emozione a entrar nella sala dai quattro ordini di balconate, ancor più dalla platea, scendendo sotto terra in un atrio che sembra buio e angusto e invece prepara a un maggior stupore per la luminosità della sala. Accanto c’è il Luzerner Saal, che è esattamente il contrario: un bunker di cemento, dove l’acustica va creata, lo spazio sonoro costruito ex novo. È la sala ideale per la musica elettronica, per ogni sperimentazione di stereofonia. Ma il KKL offre molte altre possibilità, come si può vedere durante l’Erlebnistag, che quest’anno cadrà il 26 agosto: dieci eventi dal mattino alla sera sistemati anche nell’Auditorium, nell’atrio centrale, sulle terrazze, persino nel Museo di belle arti. “Composer in residence” sarà Fritz Hauser, annunciato come compositore e percussionista, le cui creazioni sono al limite fra improvvisazione e composizione. “Artiste étoile” la violoncellista Sol Gabetta e l’attore-regista Dan Tanson. Fra gli eventi particolari di questo Festival noto l’importante presenza, quasi una residenza, del pianista Pierre-Laurent Aimard, il corso di composizione diretto da Wolfgang Rihm e Dieter Ammann, soprattutto i sette concerti “Kosmos Stockhausen” dedicati a Karlheinz Stockhausen (1928-2007), che sarà forse un modo di verificare quale impatto intellettuale ed emotivo ha ancora oggi il climax che nella seconda metà del secolo scorso vide il caotico accavallarsi delle avanguardie e, come scrisse Adorno, “tutta la bellezza del sottrarsi all’apparenza del bello”.
Attese per l’Academy Orchestra
Non ci sono novità fra le 19 orchestre impegnate nei 32 concerti sinfonici. I Berliner Philharmoniker arrivano con il nuovo direttore Kirill Petrenko, mentre Simon Rattle si presenta con la sua nuova London Symphony Orchestra. Dagli Stati Uniti torna una “big five”, la Boston Symphony Orchestra diretta da Andris Nelsons. Riccardo Chailly dirige la Lucerne Festival Orchestra in tre programmi diversi, mentre la Lucerne Festival Academy Orchestra si presenta in due concerti sinfonici diretta da Matthias Pintscher e da Peter Eötvös. Scelgo volentieri l’Academy, impegnata ben oltre le due apparizioni sinfoniche, come icona del Lucerne Festival. Straordinaria istituzione, creata quindici anni fa da Pierre Boulez, che convoca ogni anno più di cento giovani talenti musicali di almeno trenta nazioni. Li impegna in uno straordinario esercizio di apertura mentale nell’affrontare con professionalità e senza pregiudizi ogni forma di musica moderna e non si limita alle esecuzioni davanti al pubblico in due settimane del Festival, ma si estende a tutto l’anno, sostenuta finanziariamente da sponsor illuminati.