C’è Gaza nella sparizione di Apollo
Nel 2014 un bronzo di Apollo, Dio del Sole, delle arti, della musica, della profezia e della poesia, viene ripescato dalle acque di Gaza. Sulla sua genesi si aprono due fazioni: testimonianza storica e archeologica di inestimabile valore, o clamoroso falso. Poi la statua (750 chili di bronzo) sparisce. Sulle sue tracce si è mosso Nicolas Wadimoff, regista ginevrino già autore nel 2005 e nel 2009 di due documentari sulla Striscia. Lo ha fatto con un notevole documentario-inchiesta – “L’Apollon de Gaza” – presentato ieri per il debutto (alla Sala, non più al Kursaal come finora) della Settimana della critica. Nella ricerca di una verità sfuggente sulla sorte del bronzo, l’Apollo assurge ad allegoria di Gaza e della perdurante situazione di incertezza di una Striscia strangolata dall’occupazione e falcidiata dalla guerra, ma anche capace di rivendicare una sua storia e un futuro diverso. «Dopo un primo documentario incentrato sulla soluzione politica del conflitto, e un secondo più intimamente legato alla quotidianità dei palestinesi, con “L’Apollon” abbiamo voluto aprire il terreno all’esigenza di nuove discussioni, a nuovi spazi mentali legati ad esempio, come in questo caso, alla cultura», ha detto Wadimoff. Ed assume nettamente più valore, in questo progetto, il viaggio rispetto alla destinazione: «Siamo partiti alla ricerca della verità – ha considerato il regista – ben sapendo che non l’avremmo potuta trovare». Vera o falsa che sia, la statua si troverebbe oggi «in mani oscure, in ostaggio di una situazione esattamente come lo è Gaza». “L’Apollon” si può rivedere oggi dalle 18.30 all’Altra Sala.
D.MAR.