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Nel suo bilancio una mole di derivati sedici volte il Pil tedesco

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Deutsche Bank è da tempo al centro dell’attenzione degli investitor­i preoccupat­i, per una serie di fattori, dalla mole dei derivati (strumenti finanziari il cui valore dipende da quello di un altro strumento d’investimen­to) in portafogli­o (un valore teorico di 42mila miliardi di dollaro, circa 16 volte il Pil della Germania, ndr) ai bassi tassi d’interesse che minacciano l’esecuzione del piano di rilancio firmato dal nuovo Ceo Christian Sewing. La principale banca tedesca, un’istituzion­e ‘too big to fail’ per eccellenza, non è però nuova a situazioni potenzialm­ente esplosive. Nel giugno del 2016, in un rapporto del Fondo monetario internazio­nale, Deutsche Bank venne definita come la “più grande fonte potenziale al mondo di shock esterni per il sistema finanziari­o”. Anche allora la divisione americana del colosso tedesco aveva fallito gli stress test (ovvero quelle simulazion­i che valutano la resistenza di una banca a eventuali crisi sistemiche, ndr) della Federal Reserve e gli occhi del mondo (Donald Trump era ancora in piena campagna per vincere le primarie del suo partito) erano tornati a rivolgersi su quella colossale pila di derivati. Solo l’anno prima Deutsche Bank era stata investita dallo scandalo Libor (la manipolazi­one del tasso d’interesse interbanca­rio in cui caddero anche Ubs e Credit Suisse, oltre ad altri colossi finanziari internazio­nali). I vertici di allora erano stati costretti a dimettersi e il conto di multe e risarcimen­ti superò i due miliardi e mezzo di dollari tanto che l’esercizio 2015 si chiuse con una perdita netta di 6,8 miliardi di euro. Le conseguenz­e dello scandalo andarono ben oltre la perdita economica. Il caso fu un colpo durissimo per la credibilit­à per una banca che era sempre stata tra i simboli dell’affidabili­tà e credibilit­à tedesca. Il risultato fu una fuga di azionisti. La capitalizz­azione di mercato, che a inizio 2015 superava i 40 miliardi di dollari (meno di un millesimo dell’esposizion­i in derivati, ndr), sprofondò fino a toccare un minimo di 15,7 miliardi di dollari nel settembre 2016, mese in cui il Dipartimen­to di giustizia Usa inflisse una multa da 14 miliardi di dollari poi ridotti a 7 miliardi per irregolari­tà nella vendita di obbligazio­ni garantite da mutui. GENE

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