Passione privata
Alla Pinacoteca Züst di Rancate una mostra indaga sul ruolo ricoperto dalle donne nell’arte
‘Arte e diletto’ presenta opere di Valeria Pasta Morelli, una delle poche donne dell’Ottocento ad aver frequentato l’Accademia di Brera a Milano. L’esposizione intende far luce sull’operato della pittrice, ma nel contempo vuole contestualizzare il particolare ambito familiare nel quale si muoveva. Accanto ai suoi lavori anche quelli di altre artiste attive in Ticino negli stessi anni.
Moglie e madre a tempo pieno, artista solo per diletto. Valeria Pasta Morelli (Mendrisio 1858 Milano 1909), le cui opere sono in mostra alla Pinacoteca Züst di Rancate fino al 26 agosto, è una donna della buona borghesia perfettamente inserita nel suo tempo. Ama dipingere, ma può realizzare la sua passione solo per piacere personale. Di certo, rispetto ad altre, è più fortunata: è figlia d’arte (suo zio era Bernardino Pasta, pittore di genere e di ritratti attivo fra i primi anni Cinquanta dell’Ottocento e il 1875) e la sua famiglia è di vedute molto aperte per l’epoca. Così la giovane Valeria può iniziare a frequentare l’Accademia di Brera a Milano dove si distingue per le sue attitudini e viene premiata con medaglie, riconoscimenti e menzioni onorevoli. Anche la ‘Gazzetta Ticinese’ nel 1886 la celebra come ‘esimia giovane artista’ a proposito di un suo dipinto allegorico realizzato per il Carnevale di Mendisio. Ma siamo negli anni a cavallo tra Ottocento e Novecento e alle donne non è consentito proseguire oltre i corsi di disegno e frequentare, a seguire, la Scuola di pittura. La formazione può essere svolta solo privatamente presso lo studio di artisti che, nella fattispecie, sono Sebastiano De Albertis, verosimilmente già legato allo zio Bernardino Pasta, e Bartolomeo Giuliano. Dopo il matrimonio con un alto ufficiale del Regio Esercito (Enrico Morelli) celebrato nel 1889 e la successiva nascita del figlio Valerio, l’artista deve prima di tutto adempiere ai suoi doveri di moglie e di madre, ma non per questo rinuncia alla pittura, pur lasciandola relegata allo stretto ambito domestico. In mostra studi di nudi, nature morte, ritratti (tra cui quello del padre oggi depositato al Museo d’Arte di Mendrisio), composizioni di genere di soggetto arcadico e pastorale, dipinti su ceramica. Le sue opere (34 dipinti, medaglie e diplomi, anfore e album di studi) sono state donate alla Pinacoteca Züst dalla nipote Valeria Morelli Razzini (1923-2014) e costituiscono un importante tassello nella ricostruzione del ruolo, ancora molto frammentario, ricoperto dalla donna nell’arte in quegli anni. Ma rappresentano anche una tessera fondamentale per lo studio storico di una famiglia che ha inciso in modo rilevante sugli avvenimenti del Mendrisiotto. Scopriamo così che il padre di Valeria era il dottor Carlo Pasta, consigliere nazionale e promotore, tra le altre imprese, della ferrovia e dell’industria alberghiera sul Monte Generoso e che lo zio Bernardino Pasta faceva parte della cerchia degli Induno. A queste importanti figure sono quindi dedicate le prime sale della mostra in cui viene anche ricostruito un puntuale albero genealogico che parte dal capostipite Giacomo, originario di Gallarate e trasferitosi a Mendrisio, fino all’ultima rappresentante della famiglia, quella Valeria che ha fatto il lascito alla Pinacoteca. A corollario della mostra che presenta l’importante donazione di opere di Valeria Pasta Morelli anche una sezione dedicata ad altre donne artiste che hanno operato in quegli stessi anni in Canton Ticino. Si tratta di un piccolo nucleo di pittrici attive a Lugano, tutte appartenenti a famiglie della buona borghesia locale e connotate da un ‘dilettantismo illuminato’. Spesso non hanno frequentato accademie né scuole di disegno, ma ognuna di loro si è dedicata alla propria passione per l’arte come un hobby da coltivare fra le mura domestiche o al massimo nell’atelier di maestri dell’epoca come Gioachimo Galbusera. Come Valeria, Marie-Louise Audemars Manzoni, vodese ma residente ad Arogno con il marito Giuseppe Manzoni imprenditore orologiero, che è tra le poche ticinesi dell’epoca ad avere la possibilità di frequentare l’Accademia di Brera. Nonostante sia dotata di buone doti artistiche la sua produzione è decisamente limitata: madre di tre figli, deve infatti interrompere gli studi per dedicarsi interamente ai suoi doveri familiari. I quadri esposti, conservati dagli eredi, sono assolutamente inediti. Giovanna Béha-Castagnola, impegnata con il marito nella conduzione di un albergo a Lugano, sperimenta prevalentemente composizioni con frutta e verdura e un suo dipinto fa parte delle collezioni della Città di Lugano. In mostra anche lavori di Adele Andreazzi, Olga Clericetti, Elisa Rusca e Antonietta Solari, artiste che, coltivando privatamente la propria passione per l’arte, spesso preferiscono donare i loro lavori ad associazioni benefiche o li mettono in palio come premi. Tutte opere che sono arrivate a noi grazie ai familiari che le hanno conservate. Diversa dalle altre donne artiste dell’epoca, invece, Regina Conti (1880-1960) che, dotata di un’indole anticonformista, intraprende consapevolmente la carriera di artista. Sono gli anni che precedono la Prima guerra mondiale e lei, donna indipendente, si stacca dall’ambiente familiare e ‘fa’ la vita d’artista «elaborando una pittura in sintonia con le problematiche culturali del suo tempo». Non è la prima volta che la Pinacoteca Züst dedica attenzione all’universo femminile, ma questa mostra in particolare, auspica la direttrice Mariangela Agliati, «sia il primo passo per far uscire dall’oblio altre figure di donne e che a queste venga dato il giusto peso in un mondo declinato al maschile. Ci piacerebbe insomma che riaffiorassero, come con il celebre libro di Jane Fortune ‘Invisibile Women: Forgotten Artists of Florence’, i talenti di altre sicuramente fascinose donne che hanno impreziosito con le loro opere l’arte del nostro territorio».