Il sostegno agli ‘over 50’ è prevenzione
Nessun altro di noi medici può avvertire l’urgenza di trovare soluzioni per chi perde il posto di lavoro nella fascia di età più delicata, quella tra i 50-55 e oltre. È un momento in cui, oltre a dover trovare riscontri per quanto si è dato alla società e quanto si è contribuito al benessere della nostra nazione, si tirano somme sulla propria vita. Dopo i cinquant’anni si riflette su quanto costruito nei decenni precedenti, non solo sotto un profilo professionale, ma anche familiare, sentimentale e sociale. Chi di noi non si è fermato un attimo, riflettendo su quanto ha fatto? Noi vediamo sempre di più pazienti oltre i cinquant’anni con tutte le difficoltà conseguenti alla perdita del posto di lavoro, immersi in un vortice di malattie, espressione di un profondo malessere. È uno stato di frustrazione, che si accompagna a un sentimento d’ingiustizia verso una società che lo emargina e alla vergona di non più riuscire a sostenere la propria famiglia.
Segue da pagina 9 È una situazione che si somatizza in malattie difficilmente risolvibili anche dalla medicina moderna, creando danno al paziente, alla famiglia e alla società. Anche nella Città di Locarno il tasso di beneficiari d’aiuto sociale è alto, situandosi al 4%, valore che è sopra la media ticinese del 2%. È una caratteristica dei centri urbani che in Svizzera hanno una percentuale di persone in assistenza più elevato delle zone peri-urbane e rurali. A Locarno il dato sintomatico è che il 25% dei beneficiari d’assistenza è della fascia di età tra i 46 e i 55 ed il 12% tra i 56 e i 64 anni: un’evidenza sconcertante. Nonostante l’impegno, la fedeltà alla ditta in cui si lavora e l’esperienza che si è acquisita con gli anni, basta poco per trovarsi a piedi. In una società improntata sul risultato immediato, un cinquantenne sembra “rendere” meno di un giovane, ma sicuramente costa di più. Una volta trovatosi nella situazione di disoccupato, non è da tutti riuscire a cambiare rotta. Cambiare professione o luogo di domicilio è quasi impossibile, quando ormai la propria famiglia è integrata in uno specifico tessuto sociale. Allora non meravigliamoci se poi rimangono in panchina, ma ciò che dovrebbe stupire è la cecità nei confronti di chi conosce il mestiere e può insegnarlo con disinvoltura e con efficacia. Ben venga un’iniziativa come quella del Ppd che prevede di rivalutare le prestazioni assistenziali per le fasce di età più alte. Un riconoscimento di quanto hanno dato, ma anche una concreta presa di coscienza della realtà che si oppone alla reintegrazione professionale di una categoria di persone ormai “troppo care”. Al di là di qualsiasi campanilismo politico o appartenenza partitica, vedo difficoltà e sofferenze in queste persone che spesso incrocio nel mio mestiere o nel mio percorso di vita. Diamo agli ammortizzatori sociali quella elasticità che permette di mantenere dignitosa l’esistenza a queste persone sull’orlo del cedimento psico-fisico. Sviluppiamo soluzioni tramite sostegni ed incentivi a imprese e a datori di lavoro, che sanno garantire posti di lavoro o che aprono nuove assunzioni per questa fascia di età.