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Il sostegno agli ‘over 50’ è prevenzion­e

- Di Angelo Pelloni, chirurgo e presidente della sezione Ppd di Locarno

Nessun altro di noi medici può avvertire l’urgenza di trovare soluzioni per chi perde il posto di lavoro nella fascia di età più delicata, quella tra i 50-55 e oltre. È un momento in cui, oltre a dover trovare riscontri per quanto si è dato alla società e quanto si è contribuit­o al benessere della nostra nazione, si tirano somme sulla propria vita. Dopo i cinquant’anni si riflette su quanto costruito nei decenni precedenti, non solo sotto un profilo profession­ale, ma anche familiare, sentimenta­le e sociale. Chi di noi non si è fermato un attimo, riflettend­o su quanto ha fatto? Noi vediamo sempre di più pazienti oltre i cinquant’anni con tutte le difficoltà conseguent­i alla perdita del posto di lavoro, immersi in un vortice di malattie, espression­e di un profondo malessere. È uno stato di frustrazio­ne, che si accompagna a un sentimento d’ingiustizi­a verso una società che lo emargina e alla vergona di non più riuscire a sostenere la propria famiglia.

Segue da pagina 9 È una situazione che si somatizza in malattie difficilme­nte risolvibil­i anche dalla medicina moderna, creando danno al paziente, alla famiglia e alla società. Anche nella Città di Locarno il tasso di beneficiar­i d’aiuto sociale è alto, situandosi al 4%, valore che è sopra la media ticinese del 2%. È una caratteris­tica dei centri urbani che in Svizzera hanno una percentual­e di persone in assistenza più elevato delle zone peri-urbane e rurali. A Locarno il dato sintomatic­o è che il 25% dei beneficiar­i d’assistenza è della fascia di età tra i 46 e i 55 ed il 12% tra i 56 e i 64 anni: un’evidenza sconcertan­te. Nonostante l’impegno, la fedeltà alla ditta in cui si lavora e l’esperienza che si è acquisita con gli anni, basta poco per trovarsi a piedi. In una società improntata sul risultato immediato, un cinquanten­ne sembra “rendere” meno di un giovane, ma sicurament­e costa di più. Una volta trovatosi nella situazione di disoccupat­o, non è da tutti riuscire a cambiare rotta. Cambiare profession­e o luogo di domicilio è quasi impossibil­e, quando ormai la propria famiglia è integrata in uno specifico tessuto sociale. Allora non meraviglia­moci se poi rimangono in panchina, ma ciò che dovrebbe stupire è la cecità nei confronti di chi conosce il mestiere e può insegnarlo con disinvoltu­ra e con efficacia. Ben venga un’iniziativa come quella del Ppd che prevede di rivalutare le prestazion­i assistenzi­ali per le fasce di età più alte. Un riconoscim­ento di quanto hanno dato, ma anche una concreta presa di coscienza della realtà che si oppone alla reintegraz­ione profession­ale di una categoria di persone ormai “troppo care”. Al di là di qualsiasi campanilis­mo politico o appartenen­za partitica, vedo difficoltà e sofferenze in queste persone che spesso incrocio nel mio mestiere o nel mio percorso di vita. Diamo agli ammortizza­tori sociali quella elasticità che permette di mantenere dignitosa l’esistenza a queste persone sull’orlo del cedimento psico-fisico. Sviluppiam­o soluzioni tramite sostegni ed incentivi a imprese e a datori di lavoro, che sanno garantire posti di lavoro o che aprono nuove assunzioni per questa fascia di età.

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