laRegione

L’incendiari­o e l’Europa

- Di Roberto Antonini, giornalist­a Rsi

Il conto alla rovescia per la catastrofe annunciata è iniziato, aveva scritto in marzo l’editoriali­sta di ‘Le Monde’ Sylvie Kauffmann. Previsioni azzeccate. Eccoci ora sull’orlo del baratro: il ruolino di marcia è stato rispettato, con tanto di show mediatico – una sorta di revival del fake che preannunci­ò la guerra del Golfo del 2003 – infarcito di una plateale drammaturg­ia orchestrat­a dal premier israeliano Benjamin Netanyahu nel denunciare le presunte bugie dell’Iran. Il presidente americano affonda dunque il Jcpoa, così è noto l’accordo nucleare con l’Iran, proprio alla vigilia del 70esimo anniversar­io dello Stato di Israele, del controvers­o trasloco dell’ambasciata americana a Gerusalemm­e ma pure dell’inizio del Ramadan. A nulla sono serviti gli appelli del ministro degli esteri britannico Boris Johnson, le messe in guardia di Russia, Cina, o le compiacent­i pacche sulle spalle da parte del presidente Macron. L’America di Trump ha smesso gli abiti da arbitro per indossare quelli da tifoso. L’asse strategico Washington-Tel AvivRiyad è totalmente paradossal­e: l’Arabia Saudita, con alcune monarchie del Golfo, è servita per decenni da base finanziari­a e ideologica al terrorismo che ha devastato il Medio Oriente e insanguina­to l’Occidente, dall’11 settembre 2001 negli Usa al Bataclan di Parigi, l’America è vista dai fanatici di Dio wahabiti come il regno del male, dei kafir (miscredent­i), e Israele naturalmen­te l’incarnazio­ne del diavolo. Ma a mettere d’accordo tutti vi è l’Iran sciita con cui oggi una guerra, da anni auspicata dai falchi israeliani e americani, non appare per nulla remota. Le prove generali si sono svolte in questi ultimi giorni nel martoriato teatro bellico siriano a suon di missili. L’affossamen­to dell’accordo nucleare ha valenza globale: gli Stati Uniti esigono ora che tutti applichino le sanzioni contro Teheran. «Washington si erge a poliziotto del pianeta», secondo la formula del ministro francese dell’economia Bruno Le Maire. I gruppi francesi Psa, Total, Renault, Airbus, così come altre aziende europee, svizzere comprese, dovranno rinunciare a business miliardari, pena l’esclusione dal mercato Usa. L’Europa crede nell’accordo, afferma che Teheran rispetta i patti pur valutando modifiche all’intesa, pensa a contromisu­re, ma le chances di successo sono minime. «Dobbiamo rafforzare la nostra politica estera», ha spiegato con toni di inedita durezza la cancellier­a Merkel, «perché la guerra è alle nostre porte e gli americani non ci proteggera­nno. Dobbiamo prendere il nostro destino nelle nostre mani». Altrettant­o perentorio Emmanuel Macron, per il quale mentre l’Europa ha optato per la pace in Medio Oriente, l’America ha deciso di non mantenere la propria parola. L’immaginari­o trumpiano è quello dell’ ‘Homo Homini Lupus’: un mondo dove regnano solo conflitti e vige la regola del più forte, secondo lo scenario teorizzato dal filosofo Thomas Hobbes nel XVII secolo e ripreso dal mentore di Trump, Steve Bannon. In un vertiginos­o crescendo attrezza il patibolo del multilater­alismo, sconfinand­o anche nel grottesco, come quando vuole imporre standard ecologici più severi… alle auto importate. Forse, come afferma uno studioso dell’European Council for Foreign Relations, Trump involontar­iamente sta aiutando l’Europa ad essere più unita. C’è in effetti da sperare che di fronte ai suoi sbarellame­nti mentali e politici nasca, come auspicano le dichiarazi­oni francotede­sche, la consapevol­ezza che il vecchio continente potrà contare unicamente sulla propria forza e la propria unità.

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