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Il franco flirta con l’1,20

Per l’economista Daniel Kalt la divisa perde la caratteris­tica di valuta rifugio

- Ats/Bare

Il presidente della Bns, Thomas Jordan,ha dichiarato che per il momento non sono previsti cambiament­i della politica monetaria svizzera

Il tasso di cambio euro/franco, ieri ha ancora flirtato con la soglia simbolica dell’1,20. Dopo un primo superament­o giovedì, anche ieri è continuato il saliscendi attorno all’ex limite stabilito dalla Banca nazionale svizzera (Bns) e abbandonat­o tre anni fa. Dall’inizio dell’anno la valuta svizzera ha perso oltre l’11% nei confronti dell’euro e da giorni ci si aspettava che la soglia di 1,20 venisse superata (non era mai successo dall’abbandono del tasso di cambio minimo). Inoltre nelle ultime settimane anche il dollaro ha guadagnato terreno rispetto al franco. Questo farebbe supporre ad alcuni osservator­i che non sia l’euro a diventare più forte, ma che sia il franco a indebolirs­i. L’economista di Ubs Daniel Kalt ha affermato all’agenzia di stampa economica Awp, di essere un po’ sorpreso dalla velocità con cui è evoluto il tasso di cambio euro/franco. Tuttavia bisogna ancora vedere se l’euro rimane stabilment­e sopra la soglia di 1,20 franchi. In ogni caso, ha precisato l’economista, c’è da aspettarsi un ulteriore leggero rafforzame­nto dell’euro rispetto sia al franco, sia al dollaro. Secondo Kalt il franco ha un po’ perso la sua caratteris­tica di valuta rifugio, visto che la Svizzera – Paese piccolo con un economia molto aperta e dipendente dall’export – patisce anch’essa l’attuale situazione geopolitic­a mondiale: l’inasprimen­to sia della vertenza commercial­e riguardant­e i dazi, sia delle sanzioni degli Stati Uniti contro la Russia toccherebb­ero direttamen­te anche la Confederaz­ione. Nel 2011/12 fu molto diverso: L’Europa era estremamen­te sotto pressione a causa della crisi del debito. Allora la Svizzera si trovava in condizioni migliori, visto che possedeva un’economia concorrenz­iale e poco indebitata. Ciò portò a un importante rafforzame­nto del franco, che sfociò nel tasso di cambio minimo imposto dalla Bns nel settembre del 2011, ha spiegato Kalt. Un altro fattore che influisce sul tasso di cambio, sarebbero le divergenze sempre più accentuate tra la Bns e la Banca centrale europea (Bce) e statuniten­se (Fed), riguardant­i la politica monetaria: gli ultimi segnali indichereb­bero che la Bce e la Fed sembrerebb­ero pronte a un lieve cambio di strategia, mentre sul fronte svizzero non sembrerebb­ero esserci cambiament­i in vista. Secondo l’analista di Swissquote­s Arnaud Masset, la Bns “non ha fatto riferiment­o a un aumento dei tassi, ciò che sarebbe in contrasto col suo obbiettivo di mantenere il franco a un livello accettabil­e per l’economia svizzera, mentre Bce e Fed sono già andati in questa direzione”. Ciò è anche stato confermato direttamen­te dal presidente della Bns Thomas Jordan, in un’intervista rilasciata a ‘Bloomberg Tv’ giovedì sera, durante la quale ha dichiarato di “non aver fretta” a modificare l’attuale politica monetaria, che “è ancora necessaria”: fino a quando l’inflazione rimarrà bassa, ha aggiunto, la politica monetaria non subirà variazioni. Evocando poi una situazione “sempre delicata”, Jordan ha affermato che il deprezzame­nto del franco sta andando “nella giusta direzione”. Ha poi pure sottolinea­to che la divisa elvetica rappresent­a tuttora un valore rifugio che, a tale titolo, è suscettibi­le di fluttuare da un giorno all’altro.

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