I marines a caccia del nervino
Londra – Il Regno Unito chiama anche l’esercito a occuparsi del tentativo di eliminazione dell’ex spia russa Serghei Skripal, avvelenato domenica con un agente nervino a Salisbury, assieme alla figlia Yulia e a un poliziotto britannico intervenuto per soccorrerli. Le indagini sull’episodio si estendono e da ieri si avvalgono del rinforzo di 180 Royal Marines, chiamati ad aiutare la polizia nei presidi di sicurezza, ed esperti di guerra chimica incaricati di raccogliere, analizzare e rendere inoffensivo ogni oggetto contaminato nell’attacco. Le aree chiuse e soggette a verifica si moltiplicano. Oltre alla zona commerciale in cui gli Skripal si sono sentititi male all’uscita da un ristorante, per poi crollare su una panchina attualmente isolata in una sorta di tenda stagna gialla, gli investigatori hanno preso possesso della casa dell’ex colonnello dell’intelligence militare di Mosca. Mentre l’inchiesta (forse per qualche sospetto concreto, forse per scrupolo) si è estesa alle circostanze della morte della moglie di Skripal (nel 2012) e del figlio Aleksandr. La ministra dell’Interno Amber Rudd si è guardata anche ieri dal tracciare scenari o dal divulgare dettagli. Ha ribadito soltanto l’impegno a far luce in fretta e senza risparmio di mezzi su “un crimine oltraggioso”. Fra le piste investigative, i media avanzano da parte loro il sospetto che l’ex spia vendutasi ai servizi britannici negli anni 90 possa aver “violato i patti” che nel 2010 le avevano garantito la grazia in patria, collaborando da freelance con agenzie private di ex 007 britannici. Valeri Morozov, esule russo a Londra, ha escluso che Vladimir Putin sia il mandante dell’avvelenamento, suggerendo semmai che possa essere a sua volta vittima di ambienti russi interessati a metterlo in difficoltà prima delle elezioni.