‘È solo l’inizio di un percorso’
Dante Balbo portavoce della Commissione diocesana che sostiene le vittime di abusi sessuali Un solo caso, per ora, ha concluso in Ticino l’iter previsto dalla Chiesa svizzera ma, si precisa, questo non vuol dire che sia l’unico
Un caso, risalente a una cinquantina di anni fa e dunque caduto in prescrizione, ha concluso l’iter ed è ora davanti alla Commissione nazionale di esperti per l’assegnazione di un risarcimento. L’autore è prete non incardinato nella Diocesi luganese e oggi in Italia. «La conclusione di un caso non significa certo che sia l’unico. Altri sono stati segnalati e altri ancora potranno emergere nei prossimi mesi» commenta Dante Balbo, psicologo e portavoce della Commissione diocesana di esperti voluta da mons. Valerio Lazzeri, vescovo di Lugano e istituita a metà gennaio dell’anno appena concluso. È possibile un primo, per quanto provvisorio, bilancio. Nata in concertazione fra tutti i vescovi svizzeri, l’iniziativa si propone di sostenere le vittime di reati sessuali subiti nell’ambito ecclesiale. In Ticino sono stati incaricati due professionisti esterni (Carlo Calanchini, psichiatra, e Rita Pezzati, psicologa), affiancati da una Commissione diocesana di esperti di cui Balbo, appunto, è il portavoce. «In questo periodo relativamente breve è stato concluso l’iter per un caso. Il che vuol dire audizione e documentazione completate, verifiche comprese, che hanno dato forma a un dossier inviato alla Commissione nazionale». Il che, come detto, non indica niente. «Intanto perché sappiamo quanto sia difficile per le vittime, anche dopo molti anni, raccontare gli abusi subiti e poi la costituzione della Commissione è abbastanza recente. Sappiamo di altre segnalazioni, in fase di verifica, che non sono ancora giunte sul nostro tavolo» precisa Balbo. Il problema iniziale, aggiunge il nostro interlocutore, è stato quello di darsi delle linee guida «perché trattandosi di un risarcimento simbolico, era necessario muoversi con indicazioni precise e simili in tutta la Svizzera. Di fatto – sottolinea il portavoce commissionale – siamo solo all’inizio di un percorso». Il cammino è doloroso e per nulla scontato. Si deve trovare il coraggio di contattare uno dei due professionisti incaricati e raccontare la propria storia, fatta di ferite e umiliazioni. A maggior ragione se recente e dunque non penalmente prescritta. «In questo caso la faccenda è ancora più complessa perché subentra evidentemente l’inchiesta giudiziaria e il nostro consulente non deve sostituirsi al magistrato facendo l’interrogatorio» della vittima o dell’autore. Anche se in questi casi la denuncia penale dovrebbe essere immediata, o no? «Questa è la direzione che noi seguiamo sempre. Il nostro consiglio è di denunciare subito. Se poi la vittima è un minore, chiunque lo viene a sapere deve direttamente segnalarlo» precisa Balbo.
Per i bilanci, come si diceva, è prematuro ma «un fatto importante è già emerso: la vittima non è più sola, ma accolta e accompagnata dalla comunità». A questo si è arrivati «grazie all’insistenza del vescovo sulla necessità di organizzare corsi in ogni vicariato della diocesi gestiti da Myriam Caranzano, direttrice
dell’Aspi-Fondazione per la protezione dell’infanzia. Corsi che affrontano il tema con una visione globale». Perché gli educatori, ecclesiali o meno, vanno aiutati a capire e gestire le relazioni. «Il pedofilo, del resto, è un abile manipolatore che, se detentore di potere, esercita una seduzione incontestata dalle vittime» precisa Balbo. E come reagisce il mondo ecclesiale a questi argomenti? «Oggi c’è maggiore maturità grazie anche al lavoro di prevenzione fatto negli anni. C’è comprensione della gravità e profondità del fenomeno. Perché la ferita genera anche un danno spirituale; mette in gioco la fiducia in Dio».