Un libro per fare giustizia
Stregoneria, torture e condanne a morte: il passato buio della Mesolcina nel romanzo storico di Mottis ‘Terra bruciata’ si basa su quattro processi realmente avvenuti tra il 1613 e il 1615. L’autore: ‘Uno degli obiettivi è quello di riabilitare l’immagine
Da una parte abitanti accusati di stregoneria decapitati o arsi vivi, dall’altra un boia emarginato che si occupava di eseguire le condanne all’interno di un sistema di giustizia perverso. Il tutto ambientato nel Comungrande di Mesolcina all’inizio del XVII secolo. Questi i temi al centro del nuovo libro di Gerry Mottis, dato alle stampe da Gabriele Capelli Editore lo scorso novembre, che ripercorre in forma romanzata alcune vicende realmente avvenute in questa valle della Svizzera italiana. «Erano tempi molto bui e violenti, in cui regnavano superstizione, dicerie e false credenze – racconta alla ‘Regione’ il docente di scuola media Gerry Mottis –. Si tendevano a giustificare tutti i mali che occorrevano attraverso il capro espiatorio di streghe e stregoni». Frane, grandinate sui campi, malattie e morti improvvise si attribuivano per esempio a malefici. Negli archivi della Mesolcina sono documentati 110 processi per stregoneria, un fenomeno che in questi secoli era presente in tutte le valli della Svizzera italiana (Blenio, Leventina e Riviera) ed era particolarmente diffuso anche a Poschiavo. Proprio la documentazione ufficiale – composta da verbali e sentenze – ha fornito lo spunto per il romanzo del docente originario della Leventina che risiede tra Lostallo e Camorino. «L’obiettivo era quello di scrivere un romanzo storico, basato su fatti realmente accaduti. I quattro grandi capitoli del libro trattano infatti di quattro processi svoltisi in Mesolcina tra il 1613 e il 1615», racconta lo scrittore. Oltre alla trasposizione in linguaggio moderno e comprensibile nel corso del romanzo, il materiale d’archivio viene fedelmente riprodotto anche nell’appendice del libro.
Le esecuzioni? In zona Tre Pilastri
Tra gli altri elementi presi in prestito dalla realtà figurano il Tribunale dei Trenta Uomini che si occupava di giudicare crimini di vario genere e la camera di tortura, entrambi situati nell’attuale ex casa di Circolo a Roveredo. «Nelle cui fondamenta si dovrebbero trovare le ossa di coloro che sono deceduti nella camera di tortura», aggiunge Mottis. Le esecuzioni vere e proprie venivano invece eseguite in zona Tre Pilastri, un luogo situato in campagna lungo il fiume Moesa tra Roveredo e San Vittore. Qui la maggior parte delle esecuzioni avveniva per rogo o decapitazione. Dagli infanticidi e uxoricidi ai semplici furti, passando per stregoneria ed eresia. Erano questi i crimini che venivano affrontati. E l’aspetto relativo alla stregoneria fornisce lo spunto all’autore per perseguire un altro scopo: «Far riflettere sul tema della giustizia, o meglio dell’ingiustizia, dell’epoca. Anticamente esisteva infatti il concetto di presunta colpevolezza, che si contrappone all’attuale presunzione di innocenza. Gli imputati dovevano dimostrare la loro innocenza sotto tortura ed era dunque praticamente impossibile sfuggire a una condanna». Un altro obiettivo dell’autore è infatti quello di «riportare alla luce questi secoli bui e rivedere criticamente il nostro passato e i suoi aspetti violenti e ingiusti per riabilitare l’immagine di queste presunte streghe». Ma anche presunti stregoni. «Vi è una falsa credenza che fossero tutte donne; nel romanzo ho voluto creare un certo equilibrio, anche se in Mesolcina i dati parlano di un 70% di donne e un 30% di uomini», sottolinea Mottis. Un caso trattato nel libro vede ad esempio condannati per stregoneria e bruciati vivi Antonio Stanga e la figlia Caterina Della Sale. Il personaggio principale del libro è però il boia, una terribile figura medievale che si occupava delle esecuzioni. «Si trattava di un personaggio emarginato, acclamato dalle folle ma odiato e schivato e che rischiava spesso la pelle». «In tutti gli atti dei processi non si fa mai il suo nome, lo si chiama Ministro di Giustizia ma attorno al suo personaggio regna grande mistero», spiega Mottis che per il romanzo si è ispirato a due boia realmente esistiti (a Roma e in Francia). L’autore presenterà il romanzo il 17 gennaio (ore 20) alla biblioteca comunale di Roveredo (ex mediateca) e il 24 febbraio (ore 17.30) al centro culturale di Soazza.