Tutto più difficile in Catalogna
Il premier spagnolo Rajoy disposto al dialogo, ma non con il presidente deposto Puigdemont
L’esito, scontato, del voto non ha sbloccato la situazione, ma l’ha paradossalmente resa più complessa, con i leader separatisti ancora in prigione
Madrid – Tutto come prima, in Catalogna. Anzi peggio, se si considera che i partiti separatisti hanno sì ottenuto la maggioranza dei seggi nel Parlamento regionale, dove tuttavia molti dei loro eletti non potranno sedere perché detenuti o riparati all’estero. Ieri la disponibilità a un dialogo avanzata da Mariano Rajoy e da Carles Puigdemont è stata un mero esercizio retorico. Il capo del governo madrileno si è infatti detto pronto a incontrare, “purché dentro la legge”, i nuovi membri del parlamento e a revocare l’articolo 155, ripristinando così l’autonomia catalana, non appena sarà insediato il nuovo esecutivo; ma ha sdegnato la disponibilità di Puigdemont a incontrarlo a Bruxelles. Puigdemont ha del resto avanzato una disponibilità al dialogo non richiesta. E la stessa condizione posta a un proprio rientro in patria (che “la Spagna rispetti il risultato elettorale”) sembra formulata in realtà per non dire nulla: è chiaro che Madrid non può che riconoscere il risultato del voto catalano, ma il governo non può sostituirsi alla magistratura. Le imputazioni a carico di Puigdemont, quindi, restano. E se rientrasse in Spagna gli costerebbero l’arresto. Imputazioni che ieri hanno raggiunto anche l’ex President Artur Mas e le leader di Erc, Pdecat e Cup Marta Rovira, Marta Pascal e Anna Gabriel. Come possano dunque insediarsi un parlamento ed entrare in carica un governo i cui membri sono in prigione o all’estero, è ben difficile immaginarlo. Allo stesso tempo, è improbabile che i separatisti accettino di “ripiegare” su altre figure, lasciando in qualche modo alla propria sorte (politica, almeno) i propri leader. «Dovrò parlare con la persona che avrà la presidenza della Generalità – ha detto Rajoy – ma prima dovrà ritirare il mandato di deputato, essere eletto presidente ed essere in condizione di parlare con me». Tutte cose che Puigdemont al momento non può fare. Come si capisce, la situazione è bloccata e non sembra che la rigidità di Rajoy o il velleitarismo dei separatisti ne siano all’altezza. Entro il 23 gennaio il nuovo Parlament deve costituirsi. Allora si capirà che cosa si è mosso. Molto dipenderà dal giudice Pablo Llarena, che ai primi di gennaio deve decidere se scarcerare l’ex vicepresidente Junqueras e gli altri detenuti, e magari sospendere il mandato di cattura contro Puigdemont e gli altri deputati fuggiti all’estero. Le due grandi formazioni indipendentiste (JxCat e Erc) hanno già iniziato a preparare la formazione del nuovo governo. Che dicono di volere la più rapida possibile. E ci mancherebbe: indipendente o no, la Catalogna è di un governo che ha bisogno.