Fort Knox, il processo si sgonfia
Tribunale di Arezzo, il pm derubrica il reato di riciclaggio in ricettazione
È prevista per il 9 novembre la sentenza del gup Marco Cecchi nei confronti dei 32 imputati nel processo Fort Knox, dopo che ieri si è esaurita la discussione. Le parti d'accordo sui patteggiamenti continuano a essere distantissime sull’entità dei beni da confiscare (36 milioni di euro per l’accusa, 8 milioni per la difesa). L’attenzione, dentro e fuori l’aula del Tribunale di Arezzo, continua a essere assorbita dalla decisione del pm Marco Dioni di riformulare l’accusa più grave. Il magistrato che ha fatto emergere il più colossale traffico illegale di oro verso il Canton Ticino (4’343 chilogrammi di metallo per un valore stimato di 174 milioni di euro) e richiesto il rinvio a giudizio degli imputati per il reato di associazione a delinquere finalizzato al riciclaggio di oro, in sede di udienza preliminare, accogliendo la tesi della difesa, ha derubricato il reato di riciclaggio in ricettazione. Per tutti poi ha rimosso il reato associativo. Insomma, ha ridotto il tutto a una “banale” questione di ricettazione. Così facendo il processo si è sgonfiato, allungando una seria ipoteca sulle cause in discussione a Como, per fatti analoghi. Non solo. Al Ministero pubblico della Confederazione, che ha collaborato con la Procura di Arezzo, è ancora pendente un procedimento nei confronti dei ticinesi a giudizio in Toscana. Se la riformulazione del reato associativo proposta dal pm Dioni dovesse essere accolta dal gup Cecchi, l’inchiesta svizzera non avrebbe più motivo d’essere. La carta giocata dal collegio difensivo è da ricercare nella sentenza a Sezioni unite della Corte costituzionale del 27 febbraio 2017, con la quale i giudici della Suprema Corte hanno escluso i presupposti per formulare il reato associativo, in mancanza di collegamenti provati fra i vari imputati. Da qui l’esclusione nella vicenda Fort Knox del reato associazione per mancanza di elementi certi. A questo proposito il pm Dioni si sofferma sull’unico elemento emerso dalle indagini, “un incontro avvenuto a Milano tra due indagati”. Elemento però non idoneo a provare il vincolo associativo “anche in considerazione del fatto che, in sede di perquisizione eseguita mediante rogatoria”, non si è riusciti a provare il reato.