Giallo sul vertice Trump-Putin in Islanda
Mosca e Washington però smentiscono le voci di stampa su un possibile summit
New York – Trump e Putin come Reagan e Gorbaciov. È il sogno del tycoon e dello ‘zar’ del Cremlino di riscrivere la storia dei rapporti tra Washington e Mosca, relazioni che a metà degli anni 80 erano ancora caratterizzate dal gelo della guerra fredda e che sono ripiombate pericolosamente in quel clima. Così, proprio come Reagan e Gorbaciov, Trump e Putin potrebbero incontrarsi nel giro di poche settimane in Islanda, a Reykjavik, teatro del summit del 1986 in cui furono gettate le basi per la fine della crisi degli euromissili.
È il britannico ‘Sunday Times’ a rivelarlo, citando fonti del governo di Londra che sarebbero state informate da membri del team del neopresidente americano. Ma il condizionale è d’obbligo, perché sia dal futuro portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer, sia dall’ambasciata russa a Londra negano seccamente la notizia. “Falsa al 100%”, twitta Spicer, anche se la stampa britannica sembra non credere alle smentite. Tanto più che Trump, per tutta la giornata prodigo come sempre di tweet, non ha fatto cenno alla questione. Quanto basta a creare un giallo su un vertice che comunque è nell’aria da molto tempo, visto che sia Putin sia Trump hanno più volte espresso il desiderio di incontrarsi presto, dopo che il tycoon si sarà insediato alla Casa Bianca venerdì prossimo.
Nell’agenda dei futuri colloqui tra il Cremlino e la nuova amministrazione americana molti punti: dal dossier sulle sanzioni alla Russia e l’esclusione di Mosca dal G8 a quello dei presunti attacchi hacker per influenzare le presidenziali Usa, passando per un possibile accordo teso ancora una volta a limitare gli armamenti nucleari. E c’è da credere che il tycoon non perderà l’occasione per accertarsi che Mosca non abbia in mano davvero materiale compromettente con cui ricattarlo. Se dunque si profila un primo passo per porre fine alla ‘nuova guerra fredda’, Trump intanto ne compie un altro che rischia di aprire un fronte interno: quello con la stampa. Il neopresidente infatti si appresterebbe a ‘sfrattare’ i giornalisti dalla West Wing della Casa Bianca, dove si trova la sala stampa. Corrispondenti, reporter e operatori verrebbero trasferiti in massa nell’attiguo edificio dell’Old Executive Office, oppure presso il White House Conference Center. E nella nuova sede si celebrerebbe il rito dei briefing quotidiani. Il primo a parlare della possibilità di un allontanamento del ‘press corp’ dalla Casa Bianca è stato il magazine ‘Esquire’, la cui ricostruzione non è stata né confermata né smentita dal futuro chief of the staff Reince Priebus e dal portavoce Sean Spicer. La decisione sarebbe la diretta conseguenza dei rapporti sempre più tesi dall’inizio della campagna elettorale a oggi tra il tycoon e la stampa. Tensioni culminate nel duro affondo di Trump nel corso della sua prima conferenza stampa da presidente eletto.