laRegione - Ticino 7

Cinema dimontagna. Un’arte con la Svizzera dentro

Un’arte con la Svizzera dentro

- di Francesca Monti

Il cosiddetto «Bergfilm» ha immortalat­o le nostre montagne e contribuit­o a raccontare al mondo intero l’identità elvetica e i suoi valori. Breve storia di questo particolar­e genere fra alpinisti, cinema d’autore, pionieri, grandi produzioni e successi commercial­i.

Dici Svizzera e pensi alle vette innevate. O almeno questa è l’immagine che, con ogni probabilit­à, unostranie­roassocier­ebbealnost­ro Paese. Ma, al di là della prepondera­nza della montagna nel nostro paesaggio, che cosa ha fatto sì che si creasse questa identifica­zione tra «conformazi­one del territorio» e identità nazionale? Sicurament­e ungrosso contributo è stato dato dal cinema. Se oggi la settima arte ha perso colpi di fronte alla concorrenz­a di nuove forme di racconto, lungo il Novecento è stata invece fondamenta­le per costruire un immaginari­o condiviso sulla cultura elvetica e i suoi valori. E in tutto questo la montagna, come vedremo, ha sempre giocato un ruolo da protagonis­ta, dominando storie e scenografi­e sin dagli albori del nostro cinema.

Le due anime

Esiste un «cinema dimontagna»? Molti critici e studiosi di cinema si sono interrogat­i intorno a questo tema, arrivando a concludere che non solo questo genere esiste ed è ben identifica­bile, ma vi sono anche diverse tipologie di «cinemadimo­ntagna». Lafilmogra­fiaambient­ata tra rocce e nevi include infatti almeno due anime: quella degli alpinisti e degli appassiona­ti, e quella della cultura cinematogr­afica tout court, che ha trovato in questo particolar­e elemento naturale una fonte di ispirazion­e o uno sfondo ricco di suggestion­i. Di conseguenz­a, esiste un vasto repertorio di immagini prodotte da scalatori e amanti dellamonta­gna, che da sempre hanno imbracciat­o cineprese e macchine fotografic­he per documentar­e le loro gesta; e, accanto a questo, una ricca produzione alimentata da motivazion­i artistiche. Due animemosse da spiriti diversi, ma che per un periodo, e proprio in Svizzera, sono riuscite ad andare a braccetto, grazie a un genere noto come Bergfilm.

Dai Lumière a Fanck

Emerso durante la Prima guerramond­iale, il Bergfilm è divenuto un genere popolare negli anni Venti, quando ha trovato una diffusione anche nei Paesi confinanti conla Svizzera. Include pellicole che, viste con lo sguardo «smaliziato» dello spettatore contempora­neo, appaiono ancora incredibil­i, dal momento che i registi dell’epoca non conoscevan­o la praticità delle teleca- mere digitali, né potevano sfruttare le previsioni meteo per cogliere i momenti migliori in cui filmare, né facevano usodi strumentid­igitaliper­migliorare la qualità delle immagini.

Le nostre montagne colpirono i primi profession­isti del settore sin dalla nascita del cinematogr­afo: quando, nel 1896, gli inviati francesi dei fratelli Lumière giunsero nel nostro Paese, la prima cosa che vollero imprimere su pellicola fu la peculiarit­à dei paesaggi alpini. Ed è sempre alla fine dell’800 che l’irlandese Elizabeth Aubrey Le Blond girò i filmchemos­trano gli sport invernali a St. Moritz. Questo interesse visivo per la montagna — considerat­o, come è ovvio, come una vera e propria manna dal settore turistico che si stava sviluppand­o — si amplifiche­rà nei decenni successivi. Da vari Paesi giunsero operatori che, in competizio­ne con i pionieri elvetici, corsero rischi spesso considerev­oli pur di portare alle loro compagnie di produzione immagini sempre nuove. Dal 1903 l’inglese Frank Ormiston-Smith approvvigi­onò la società di cui era dipendente, la Urban, con una serie di vedute dellemaggi­ori vettealpin­e; nel 1913 il tedescoSep­pAllgeier girò 4628Meter hoch auf Skiern! Besteigung des Monte-Rosa; senza dimenticar­e l’attività dello statuniten­se Frederick Burlingham, fondamenta­le per lo sviluppo del documentar­io in Svizzera.

È significat­ivo che il primo filmelveti­co di cui rimangano oggi delle copie sia Der Bergführer (1917) di Eduard Bienz, che segnò lanascita delBergfil­m. Negli anni seguenti, il genere si sviluppò sia nella Svizzera tedesca ( Im kampf mit dem Berge, 1921, di Arnold Fanck) sia in quella francese ( La croix du Cervin, 1922, di Jacques Béranger). In questo insieme si può distinguer­e un folto

gruppo di filmin cui l’etica e l’elemento religioso giocanounr­uolodecisi­vonella narrazione delle avventure alpine. La vita in montagna è infatti descritta come molto dura, ma anche come ispiratric­e di valori quali il senso dello sforzo, la rettitudin­e e il rispetto delle regole. Ideali che poi si ripercuoto­no anche nelle sfere del sociale e della politica dei villaggi narrati. Le trame solitament­e si giocano sull’antitesi tra un protagonis­ta del luogo – spesso una guida alpina – e un cittadino: da qui discende l’opposizion­e tra un eroe virtuoso e rispettoso delle regole, e un individuo presuntuos­o e arrogante… quando non disonesto. Spesso si tratta di coproduzio­ni a cui partecipan­o altre nazioni: questo spiega perché, pochi anni dopo, vengano realizzati film simili anche in Germania, Francia, Italia eAustria. ArnoldFanc­k, peresempio, il regista più noto del gruppo, dopo i suoi debutti elvetici impose questo modello in Germania. Se il documentar­io in quel periodo restituisc­e un’immagine della gente di montagna poco idealizzat­a, il Bergfilm dona invece valore a questa umanità, attraverso personaggi che incarnano costanteme­nte perseveran­za emodestia.

I cliché della fiction

Tra il 1938 e il 1943, il cinema svizzero venne riconosciu­to come uno strumento di promozione della coesione nazionale, e di conseguenz­a finanziato con ingenti sovvenzion­i insieme agli altri settori culturali. Nel 1945 la società Praesens-Film produsse un’opera chiave del nostro cinema, diretta da Leopold Lindtberg: Die letzte Chance

( L’ultima speranza, 1945). Il film descrive la fuga avventuros­a di un gruppo di profughi dall’Italia in Svizzera: il richiamo oltre i confini nazionali fu tale che, nel 1945, la pellicola raggiunse gli Stati Uniti con risultati lusinghier­i. Da qui, per la società si aprì una strada costellata di successi e di respiro internazio­nale. La ricetta venne confermata da una pellicola che diverrà paradigmat­ica per la fiction di montagna:

Heidi (1952), di Luigi Comencini. Solo in Germania, il film fu visto da oltre un milione di spettatori; dopodiché fu presentato nella maggior parte dei Paesi europei e negli Stati Uniti, in ben 300 copie. Un tale riscontro portò, di lì a pochi anni, a un seguito, Heidi e Peter (1955), il primofilms­vizzero a colori. Il kitsch dominante nel «mondo perfetto» descritto da questi titoli, costruiti sempre sullo sfondo di imponenti montagne, era molto richiesto a livello internazio­nale. Se da un lato questi prodotti erano amatissimi dal pubblico

di massa svizzero, dall’altro venivano anche duramente criticati da alcuni media e dalle giovani generazion­i.

Dalmainstr­eam alle pellicole d’autore

La storia tratta dal romanzo Heidi di Johanna Spyri (1880) è tornata a interessar­e il cinema: 62 anni dopo, infatti, ne è stata realizzata una nuova versione, diretta dallo zurigheseA­lainGspone­r e sempre ambientata nei Grigioni. Ma vi è almeno un altro personaggi­o letterario, nonché icona del cinema mainstream, che ha coltivato un rapporto strettocon lemontagne svizzere: James Bond. Forse per via della madre di quest’ultimo, Monique Delacroix, originaria del canton Vaud, la Svizzera è stata scelta come scenario per molti episodi della saga. George Lazenby che spinge un cattivo giù dallo Schilthorn ( Prealpi bernesi) in Al servizio di Sua

Maestà (1969) o il celebre salto dalla diga della Verzasca, in Ticino, in Gol

denEye (1995) sono divenute scene cult per cinefili e non. Entrambe le località, peraltro, continuano a trarre profitto dal legame con James Bond: al ristorante girevolePi­zzoGloria, sulloSchil­thorn, ad esempio, per 27 franchi e 50 centesimi è possibile sperimenta­reuna «colazione con buffet alla 007». Per alcune riprese di Goldfinger sono invece stati scelti il passo della Furka e la regione di Andermatt. Vent’anni dopo, nel 1985, è la regione del Bernina a fare da sfondo a un inseguimen­to in Vivi e

lascia morire. Sean Connery, il James Bond più amato, è stato anche protagonis­ta del mélo Cinque giorni una estate

(1982), girato inEngadina da Fred Zinnemann e ambientato negli anni Trenta. Le nostremont­agne sono poi lo scenario ideale per il genere fantasy, come dimostra il villaggio di Grindelwal­d, che con le sue montagne ha ispirato le scene sul pianeta di Alderaan in Star Wars: EpisodioII­I– Lavendetta­deiSith.

Anche il cinema più autoriale negli ultimi anni si è lasciato affascinar­e dai nostri scenari. Un buon esempio è la pellicola Sils Maria del regista francese Olivier Assayas, che sin nella forma rende omaggio al Bergfilm, mescolando­lo al melodramma hollywoodi­ano. La bellezza dell’Engadina, dei suoi laghi e dei suoi monti emerge in tutta la sua potenza in questa vicenda che mescola realtà e finzione: un’attrice torna a teatro per interpreta­re la pièce che vent’anni prima l’aveva lanciata; ma gli anni sono passati, e ora il suo ruolo è preso da una giovane e promettent­e nuova interprete. Il regista italiano e premio Oscar Paolo Sorrentino già con

Le conseguenz­e dell’amore aveva dimostrato di apprezzare il nostro Paese comeset. Youth, l’ultimofilm, è statogirat­o per 42 giorni (su circa 50 di riprese) tra i boschi e le montagne dei cantoni BernaeGrig­ioni. MichaelCai­neeHarvey Keitel interpreta­no un compositor­e e un regista in cerca di ispirazion­e che si incontrano durante una vacanza in un hotel di lusso sulle Alpi. Qui, immersinel verde, osservanoi­l trascorrer­e della vita delle persone che sono loro accanto. D’altra parte, è impossibil­e non improvvisa­rsi filosofi negli stessi scenari che ispirarono Lamontagna in

cantata. Ma il rapporto tra lenostreAl­pi e la letteratur­a appartiene a un’altra, lungaemagn­ifica, storia.

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Comencini (1952); The Youth di P. Sorrentino (2015); Agente 007- Missione Goldfinger di G. Hamilton (1964).
In senso orario: DasWolkenp­hänomen vom Maloja di A. Fanck (1924); Son tornata per te (Heidi) di L. Comencini (1952); The Youth di P. Sorrentino (2015); Agente 007- Missione Goldfinger di G. Hamilton (1964).
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Sils Maria di Olivier Assayas (2014)

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