UN NUOVO MODO DI FARE I CHIP
Con l’apple Silicon, il colosso di Cupertino ha cambiato le regole del gioco. Ora gli altri devono inseguire
L’era di Apple Silicon è iniziata a giugno 2020, con la presentazione dei processori “System on a Chip” (SOC), e poi con i primi Mac M1 a novembre dello stesso anno. Ma le sue radici sono più antiche: ottobre 2001, la nascita dell’iPod, e poi tutti gli apparecchi Apple che Steve Jobs chiamava “post-pc”, a partire dagli iphone e ipad, ma anche Apple Tv, Homepod, Watch e così via. Tutto quello che il colosso tech produce contiene chip, più o meno potenti, fatti su misura, basati sull’architettura Arm, dal nome dell’azienda britannica della quale Apple stessa nel 1990 è stata una dei soci fondatori.
L’impatto che i Silicon hanno avuto nel mercato dei processori era tuttavia tutt’altro che scontato. È vero che i chip della seria Ax usati su iphone e ipad hanno dimostrato di essere estremamente potenti e versatili, sempre uno o due passi avanti alla concorrenza di Qualcomm, Samsung e Huawei. Tuttavia, i personal computer sono un’altra cosa: generalisti, utilizzati in contesti molto diversi (dalle potenti workstation ai leggerissimi ultrabook), i pc usano da sempre processori Intel o Amd, sempre meno efficienti e incapaci di progredire con la velocità un tempo dettata dalla legge di Moore. Così, se da un lato l’idea di usare la tecnologia dell’iphone per il Mac, anziché un Intel, era nell’aria, dall’altro generava più dubbi che certezze. Apple è riuscita a superarli e nel farlo ha cambiato per sempre non solo il Mac ma anche il modo con il quale si fanno i processori.
Fin dall’inizio, con i primi M1 è stato chiaro che Silicon era in grado di fornire ai Mac quello che Intel non riusciva più a dare: performance impressionanti e un profilo di efficienza energetica eccellente, perfetto per dare una grande autonomia ai laptop. Il completamento della prima generazione con le versioni M1 Pro e Max ha risposto alla principale domanda posta dalla transizione da Intel ad Apple Silicon: i processori M sono in grado di scalare da prodotti come un ipad Pro fino a computer portatili ad altissima prestazione come i Macbook Pro con M1 Max.
Non è stato semplice né scontato. Non basta aggiungere nuclei di calcolo e coprocessori grafici. Apple ha ripensato il modo con il quale si progetta il processore, a partire dall’uso della memoria unificata. L’impatto è stato tale da spingere Intel a cambiare i suoi vertici, richiamando il geniale Pat Gelsinger, e a ripensare la propria strategia di progettazione e produzione dei processori. Certo, pesano anche i diversi obiettivi di mercato. Intel (e Amd) producono cpu che vengono vendute a produttori di computer diversi che usano tutti Windows. Per poter diversificare le loro offerte, i produttori devono poter cambiare più caratteristiche possibili: schede madre, memoria, componenti. Le cpu sono quindi generaliste, anziché venir ottimizzate per uno specifico modello di pc. Apple invece ha progettato i suoi SOC sapposta per i Mac e il loro sistema operativo macos e questa integrazione verticale si è rivelata molto più efficace della diversificazione di Intel e Amd. Il successo della transizione ai Silicon deriva anche dall’esperienza di Apple nelle migrazioni da una piattaforma all’altra: questa è la quarta in quasi quarant’anni, dopo i processori Motorola, Powerpc e Intel. La chiave è la compatibilità con il software delle terze parti non ancora nativo ed è stata raggiunta con Rosetta 2, il sistema di traduzione del codice che permette alle applicazioni basate su Intel di funzionare su Apple Silicon senza alcun problema. È una soluzione a tempo determinato, ma è fatta molto bene. Per esempio, un gioco per Mac Intel che utilizza il motore grafico Metal di macos gira più velocemente su M1 che non sui Mac per cui era stato progettato.
La verità è che Apple ha colto di sorpresa il mercato, mettendo pressione, oltre che a Intel e Amd, anche a Microsoft (che cerca una soluzione analoga per Windows) e a Qualcomm, che vede un’opportunità per entrare nel mercato pc. E mostrando a tutti che Silicon è una cosa seria e che la filosofia che c’è dietro ha cambiato il modo con cui si fanno i chip.