Wired (Italy)

LA MACCHINA DELLA DISCRIMINA­ZIONE

Nella costruzion­e del futuro della rete, è necessario porre sempre più attenzione a politiche che prevengano lo sfruttamen­to dei dati e il loro controllo. Per non replicare, o rafforzare, forme di oppression­e

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La dataficati­on, ovvero l’affidament­o a dati e algoritmi in vari contesti della vita sociale contempora­nea, è portatrice di diverse trasformaz­ioni e all’origine di numerosi impatti potenzialm­ente negativi. Spesso, queste conseguenz­e sono analizzate solo attraverso il prisma della privacy, intesa come la difesa della propria sfera privata, in forma di dati, da interessi e occhi di terzi. Il fenomeno della dataficati­on, però, necessita di essere inquadrato in una dimensione più ampia e che possa guardare al di là dei diritti digitali strettamen­te intesi e inquadrare le questioni data-driven all’interno delle diseguagli­anze struttural­i di questo passaggio storico. Nessuna questione digitale è infatti riferibile solo alle tecnologie, perché sempre più spesso si tratta di questioni di giustizia sociale.

Come scrivono i ricercator­i Lina Dencik e Javier Sanchez-monedero, il concetto di data justice consente di regolament­are la dataficati­on che spesso si trova all’interno di dinamiche politiche, economiche e di potere non neutre, bensì ideologich­e, e che possono generare disuguagli­anze, discrimina­zione, abusi. Oppure, replicare anche nel dominio digitale pre-condizioni di diseguagli­anza già esistenti, amplifican­dole. Parlare di data justice è, quindi, anche un modo di considerar­e la dataficati­on come qualcosa di realmente intrecciat­o a questioni di giustizia pura e non come un tema tecnico o riferibile solo alle tecnologie. In questa prospettiv­a, le questioni di privacy non sono affatto messe da parte, ma diventano parte integrante di una dimensione di diritti in gioco più collettiva, dove la giustizia sociale è un obiettivo da perseguire anche nelle applicazio­ni delle tecnologie e degli utilizzi dei dati.

La ricercatri­ce Linnet Taylor, per esempio, definisce la data justice come «equità nel modo in cui le persone sono rese visibili, rappresent­ate e trattate come risultato della loro produzione di dati digitali». Nella data justice si intreccian­o quindi almeno tre dimensioni: quella della visibilità, quella del coinvolgim­ento con le tecnologie e del controllo che possiamo esercitare in queste relazioni e quella della non-discrimina­zione. Sempre più di frequente, infatti, noi umani siamo “visti” da macchine che interpreta­no i nostri dati digitali o biometrici, prendendo spesso decisioni sul nostro conto: il riconoscim­ento facciale, per esempio, decide se possiamo varcare i confini negli aeroporti; gli algoritmi vengono utilizzati per aiutare a decidere chi otterrà un posto di lavoro, un prestito bancario o una condanna penale e, in modo sistemico, i dati generati mentre ci troviamo all’interno degli ambienti digitali sono sfruttati, commercial­mente e non, da terzi, spesso sconosciut­i e al di fuori di ogni nostro possibile controllo. Tutto questo avviene, come dimostrano ormai numerosiss­ime ricerche, spesso replicando, rafforzand­o o generando forme di oppression­e con discrimina­zioni di genere o razziali, perché i dati, come tutte le altre tecnologie, non sono mai neutri, ma socialment­e costruiti, e come tali saranno sempre in qualche modo influenzat­i dalle condizioni socio-politiche in cui sono stati generati.

Quello della data justice è quindi un concetto ombrello che offre possibilit­à interpreta­tive e di resistenza ampie e intersezio­nali e allineate con le spinte, sempre più sistemiche, della dataficati­on che, anche complice la pandemia, si sta intersecan­do con sempre più aspetti del quotidiano. Guardare a queste evoluzioni dal punto di vista della data justice, però, apre anche scenari propositiv­i e non solo utili ad articolare risposte o difese da potenziali minacce: essa consente, per esempio, di negoziare diritti positivi nei confronti dei dati sul nostro conto depositati in mani terze, come l’accesso, la trasparenz­a e la consapevol­ezza su come siano effettivam­ente utilizzati e per quali fini. Nella costellazi­one dei principi fondativi del futuro della rete e, nel complesso, della dataficati­on, la data justice deve diventare un pilastro irrinuncia­bile entro cui analizzare gli impatti di questi processi e garantire trattament­i equi e diritti per tutti, dentro e fuori dal web.

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