Amico formicaleone
Non avrò mai più il coraggio di schiacciare una mosca. Proverò ad allontanare le zanzare convincendole con la retorica e camminerò per strada ben attenta a evitare le formiche.
Ho letto Pensieri della mosca con la testa storta (Adelphi) del neuroscienziato Giorgio Vallortigara: un libro affascinante, misterioso, in cui, tra le altre cose, si fa l’ipotesi che anche gli insetti possano sentirsi organismi unici e separati dal mondo esterno, il che in sostanza significherebbe che hanno una coscienza. Ma non solo loro: altri piccoli cervelli come quelli di pulcini e pesci potrebbero averne una. Il professior Vallortigara sostiene che le api: «Distinguono concetti come piccolo/grande, destra/sinistra, uguale/ diverso, fanno deduzioni logiche e perfino valutazioni numeriche».
Poi arriviamo noi e le schiacciamo con La Gazzetta dello Sport!
Ok, un’ape possiede novecentosessantamila neuroni, molto pochi rispetto a noi, che ne abbiamo quasi cento miliardi, ma mi sembra una questione di sensibilità, non di quantità. E soprattutto di familiarità. Un altro tema molto interessante del libro è legato alla memoria negli insetti che subiscono metamorfosi. «Che ne è della sua memoria quando l’insetto muta durante la metamorfosi, trasformandosi da larva a pupa e poi da pupa a insetto adulto? Cosa ricorda un formicaleone adulto, mentre svolazza in cerca di una compagna, della buca nella sabbia che ha abitato quando era una larva o dell’involucro in cui se ne stava imbozzolato quando era una pupa?». Il professor Vallortigara, quando era universitario, teneva nella sua stanza delle scatolette di plastica piene di sabbia, poggiate su un foglio, piene di formicaleoni, così che il suono di scalpiccio prodotto dai granelli di sabbia che cadevano sulla carta lo svegliava se capitava che si appisolasse durante le lunghe ore di osservazione (queste bestiole sono più attive la sera). «Anche oggi ogni tanto, nella bella stagione, non resisto alla tentazione e mi porto un formicaleone in ufficio o a casa. Lo tengo lì a farmi compagnia. Mi piace sentire il crepitio della sabbia che cade sulla carta, la mia madeleine uditiva, e riconoscere il suono di un vecchio amico».