Virus e fattore K
CARLO ALBERTO CARNEVALE-MAFFÈ
In ogni crisi economica, c’è chi perde e chi guadagna.
La pandemia da Covid-19 non fa eccezione: numerosi settori hanno subito un crollo verticale, altri hanno registrato crescite impetuose. Per questo gli economisti parlano di una dinamica dei mercati non a forma di «V», ovvero con un rimbalzo che riporti alle condizioni di partenza, ma a forma di «K»: si è verificata infatti una divaricazione nelle traiettorie finanziarie delle attività impattate dalla pandemia. Le limitazioni alla mobilità hanno penalizzato il comparto dei viaggi e del turismo (con riduzioni fino al 90%), dell’auto e della moda (scesi del 25-30%), dei consumi fuori casa e dell’intrattenimento dal vivo, ma hanno favorito tutti i servizi legati all’uso delle tecnologie digitali. Il Nasdaq, l’indice Usa dei titoli high-tech, ha fatto registrare una crescita record di circa il 40% dall’inizio del 2020. Oltre ai grandi attori di internet, del fintech e dell’e-commerce, che hanno visto i fatturati crescere del 30-40%, hanno beneficiato di un massiccio spostamento della domanda sui canali digitali tutti i provider di servizi in abbonamento, sia per i contenuti di intrattenimento – da Netflix a Spotify (rispettivamente +48% e +102% da inizio 2020) al gaming online – sia per i software professionali per videoconferenze e lavoro da remoto. A uscire rafforzati dalla crisi sono inoltre beni e servizi sostitutivi dei mercati bloccati dalle restrizioni sanitarie: le biciclette (+20% in Italia), il food delivery, con un fatturato più che raddoppiato, il segmento del personal care (+8,4%). Il virus ha spostato i consumi dal fisico al digitale, dal sociale all’individuale. E i mercati hanno sùbito scommesso sui cavalli vincenti.