DUE MEDICI IN FAMIGLIA
A fianco nella vita e nel lavoro: in provincia di BRESCIA Giorgio Mazzotti ed Eleonora Colombi sono tra i dottori a cui per primi si rivolgono i pazienti per sapere se hanno contratto il Covid-19. O anche solo per essere rassicurati
estate a casa». La voce registrata del sindaco, trasmessa da una macchina che gira tra le vie deserte, crea un effetto apocalittico come la sirena delle ambulanze, suono un tempo molto raro in paese. Lo sguardo degli abitanti di Cologne, comune della Franciacorta (circa 7000 abitanti), è spesso rivolto al Monte Orfano, che pare abbracciarli rassicurante, soprattutto ora che possono ritrovarsi uniti solo su un gruppo Facebook dove postano e commentano vecchie foto del paese, dei vigneti e della primavera nei giardini, sospesi tra nostalgia e speranza di normalità. Difficile fermare gente così operosa, ma l’incubo del Covid-19 (Brescia è una delle province più colpite) ha bloccato tutto. Come si tiene a bada la paura?
«Contagio non significa morte. Bisognerebbe spostare l’attenzione sulla guarigione. La situazione è molto seria, ci vuole prudenza ma non si deve farsi prendere dal panico», spiega Giorgio Mazzotti, medico di famiglia a Cologne, psicoterapeuta, un passato da sindaco: i suoi compaesani li conosce bene. «Sono disciplinati, hanno capito che restando isolati e seguendo la cura ci sono altissime possibilità di guarire».
«Giorgio è quello calmo, positivo, io sono più pessimista», interviene Eleonora Colombi, moglie e collega, anche lei medico di famiglia ma nel vicino comune di Palazzolo sull’Olio: «Quando hanno isolato le prime zone rosse ero in compagnia
Rdi una dottoressa di Alzano Lombardo e di un medico di Nembro, ora tra i centri più colpiti; ricordo che ci siamo chiesti se non fosse il caso di bloccare subito tutti. Pochi giorni dopo la mia collega aveva la febbre alta e suo marito è morto, a 67 anni. Avendo amici medici negli ospedali di Brescia e di Bergamo, ho “il polso” della situazione. Cerco di rassicurare tutti ma non sono affatto tranquilla: alcuni miei pazienti con problemi respiratori hanno chiamato il 112 ma dopo ore di attesa (ci sono troppe richieste) per disperazione si sono fatti accompagnare dai parenti in ospedale, dove sono stati ricoverati in rianimazione. È angosciante, non eravamo preparati a tutto questo…».
«Io invece ricordo che a dicembre ho avuto una strana tosse secca, senza febbre, che si attenuava se prendevo il paracetamolo e tornava insistente se smettevo, non mi era mai accaduto in 40 anni di professione», continua il dottor Mazzotti. «Lo stesso è accaduto anche a Eleonora, a nostra figlia Sofia e a vari pazienti. Da quando è iniziata l’epidemia di Covid-19 ho osservato che tra i primi sintomi c’è la stessa tosse, ma accompagnata da febbre e a volte da altri disturbi, come la perdita del gusto. In paese fino a oggi sono stati dichiarati ufficialmente 18 casi e ci sono stati 2 morti. Ma come parere clinico, senza aver fatto il tampone (si fa solo in ospedale) penso di avere, tra i miei pazienti, almeno 220 casi. Li curo a casa, se non ci sono complicazioni respiratorie. Noi siamo i primi a essere contattati: dobbiamo valutare i sintomi e dare istruzioni su come comportarsi, tra precauzioni igieniche e cura. E poi rassicurarli spiegando che bisogna affrontare una fase per volta, che se hanno bisogno siamo a disposizione in ogni momento».
Nei paesi il rapporto con i medici è più stretto e familiare che in città, le visite a domicilio sono la norma, non l’eccezione: «Per proteggerci dal contagio abbiamo una tuta lavabile, bianca… non da astronauta, piuttosto da operaio», spiega sorridendo. «Prima di entrare metto cappuccio, guanti, mascherina e occhiali, quando esco tolgo tutto».
«Certo la vita è cambiata, la nostra normalità era allenarci per le maratone, organizzare molte cene tra amici. E all’inizio ero stressato dal dover usare tanto il telefono, ma tenere monitorati i pazienti e tranquillizzarli è fondamentale. Nei rari momenti di pace cerchiamo di non parlare dei nostri casi, di distrarci con brevi passeggiate con i cani tra le vigne di fronte a casa, per sentire i profumi della terra e il vento che la sera arriva dal monte. Bisogna conservare abitudini piacevoli: svagarsi aiuta a tenere alte le difese immunitarie. Molti si lamentano di dormire troppo, ma è un bene, rende più forti, il corpo si riassesta e il cervello, con i sogni, sistema molte cose».
«La differenza tra me e Giorgio è che lui non ha paura di morire», conclude Eleonora. E lui ribatte flemmatico: «La vita è un ciclo... ma se non volete interromperlo, state a casa».