Vanity Fair (Italy)

NOI DUE E IL MONDO DENTRO

Inventarsi nuovi riti per arredare il tempo nell’attesa di tornare vicini alle altre persone importanti è l’impresa di tutti in questi giorni di isolamento. Ancor più dei genitori con figli piccoli, magari nei loro TERRIBLE TWO

- Di CHIARA GAMBERALE foto ANDREA DORETTI

Sa camminare, ma non ha la minima idea del limite. Non si addormenta da solo, non si siede a tavola da solo, non gioca da solo, non fa niente da solo – e quando lo fa bisogna stare in guardia.

I nonni va da sé che sono un grande aiuto: ma adesso vanno solo protetti, soprattutt­o se, come i miei, sono avanti con gli anni e infragilit­i.

Il nido è una mano santa: ma adesso non può proporre lezioni online, lì si gioca tutto sulla presenza.

Le altre mamme sono una benedizion­e: e quando le scuole sono state chiuse io e la mia amica di nido più cara l’avevamo presa piuttosto bene, avevamo subito buttato giù un programma perché a giorni alterni ognuna di noi si occupasse dei due bambini.

Ma poi si sono chiuse anche le case e ognuno è rimasto nella sua, con chi dietro la porta c’era e con chi non c’era.

E io sono rimasta da sola con Vita.

Che dopo avere visto Lilli e il Vagabondo si è convinta di essere un cane.

Che un giorno prima che il mondo rimanesse fuori aveva tolto il pannolino e non sa ancora anticipare il bisogno di andare al bagno, è tutto un delicato equilibrio di intuizioni per cui le maestre del nido sarebbero state complici fondamenta­li. Che per almeno dodici ore al giorno esiste.

Ma non lo sa fare.

Dunque?

Dunque il primo giorno l’ho passato a pensare: aiuto. Il secondo ho ordinato su Amazon due vestiti di Biancaneve, uno per lei uno per me, moltissimo pongo, tempere e pennelli, una zolla di erba e delle margherite finte. In attesa che arrivasse tutto, ho buttato di nuovo giù un programma che fondamenta­lmente si articola in due fasi: la mattina si fa qualcosa di vagamente pedagogico, il pomeriggio si cazzeggia.

Così, dopo colazione, infilo a Vita la giacca, le metto comunque lo zainetto del nido sulle spalle, la faccio uscire dalla porta, lei bussa, io chiedo chi è, lei dice sono cane, io le dico cane Vita?, lei ride, dice sì: cane Vita, io apro, dico buongiorno cane Vita, lei dice buongiorno maestra mamma.

Una mattina abbiamo contato fino a cinque, un’altra abbiamo ispirato a ogni numero un disegno, ci siamo sforzate di colorare restando nei bordi, poi finalmente è arrivato il corriere, e con la zolla e le margherite abbiamo parlato (se così si può dire) della primavera, con il pongo abbiamo costruito i pupazzi dei suoi compagni di nido.

Dopo pranzo arriva il momento del riposino, e va quasi sempre a finire che aspetto quell’ora e mezza sognando tutte le cose e le telefonate che vorrei fare, ma poi riesco solo a guardare il soffitto e penso: mai a niente di intelligen­te. Penso che dovrei vestirmi più colorata, dovrei andare a spuntarmi i capelli, a cambiarmi lo smalto dei piedi. Nel frattempo mi mancano da morire le mie persone preferite, ma più mi mancano meno sento il bisogno di chiamarle, come se fossero comunque qui, smarrite come me e come tutti, come me e come tutti incredule, rimbambite dal mistero, mute.

Poi Vita si sveglia, accendiamo la musica e ci mascheriam­o da Biancaneve, o divento anche io un cane, e, rompendo ogni regola – perché mentre rispettiam­o le nuove regole dobbiamo pure tutti rinunciare a qualcuna delle nostre – guardiamo per un paio d’ore un cartone animato, destinazio­ne cena e ora di andare a dormire.

Il problema di spiegarle perché la nostra vita è così diversa dal solito non si pone: io ci ho anche provato, ma lei mi guarda come per dire ma non è forse questa, la normalità? Stare sempre io e te, tu e io, e non avere tutti quegli intrusi fra i piedi dalle nove di mattina alle quattro di pomeriggio e ogni tanto perfino la sera? Finalmente l’hai capito anche tu, mamma. Dunque qual è la morale di questa storia? Non c’è. Potrei dire che per riempire il tempo di Vita il mio passa più velocement­e: non è così.

«Nel frattempo mi mancano da morire le mie persone preferite, ma più mi mancano e meno sento il bisogno di chiamarle, come se fossero comunque qui, smarrite come me e come tutti»

Che se lei sorride perfino quest’incubo fa meno paura e si trasforma in un’occasione: non è così.

Tantomeno credo che quello che sta succedendo stia cambiando le persone che siamo.

Credo invece che colga e fermi ognuno di noi a tu per tu con quel groviglio di scelte e di conquiste e di errori e di luce e di fatica e di destino che è la sua vita.

E ci chieda di respirarla fino in fondo, senza mascherina. ➺ Tempo di lettura: 6 minuti

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