L’amica (di bellezza) geniale
Quattro anni fa, vendeva online creme e burrocacao, imbustati con adesivi pubblicitari perfetti per un selfie. Così – puntando sul passaparola di clienti giovani, soddisfatte e molto social – EMILY WEISS è diventata una vera imprenditrice, e la sua aziend
Emily Weiss è in piedi su Lafayette Street. Ha un abito di pizzo rosso e una pelliccetta rosa. L’abbigliamento è insolito per il clima (gelido) e l’ora del giorno (le 9 del mattino), ma è anche la tipica cosa che indosserebbe una persona che nel giro di un’ora prevede di apparire sui social network in una marea di post. Weiss sorride spostandosi davanti a una vetrina rosso brillante, abbinata all’abito: è tutto meravigliosamente fotografabile. Siamo davanti al pop-up store che lancerà il suo primo profumo Glossier You, il ventiduesimo prodotto della sua azienda – Glossier – nata meno di quattro anni fa e che oggi vale 34 milioni di dollari. E se le cose andranno come per gli altri 21 prodotti, potrebbe esserci una lista d’attesa e formarsi intorno all’isolato una coda di ragazzine disposte a pagare 60 dollari per profumare leggermente di muschio. Fino a poco tempo fa, il pop-up store era un Dunkin’
Donuts, ma è stato ridisegnato per un esercito di ragazze Glossier: onde rosse sui muri, tende rosa, specchi fumé rosa. Donne giovani e belle, con indosso tailleur pantalone rossi, ti guardano negli occhi e ti sussurrano. «Benvenuta», dice una, sollevando una campana di vetro che diffonde il profumo. «Le piace? L’unica cosa che manca è... lei». Una mano con un guanto di vernice rosso che regge una boccetta di profumo sbuca fuori da un armadio a specchio, spruzza, sventola, scompare. «Non so cosa dire», commenta Weiss, «tranne che questo posto è proprio stranissimo». Mentre parla ha stampato in faccia un enorme sorriso. «Perché una persona esca di casa e faccia un pellegrinaggio in un posto, deve avere una buona ragione. E questo», dice, indicando il negozio intorno a sé, «questo è il nuovo lusso».
L’estetica Glossier viene a volte descritta come «il make-up per persone già carine», un po’ come Alexander Wang, che disegnava vestiti per modelle da indossare alla svelta per andare in Vespa da una sfilata milanese all’altra. E non importa se poi le modelle non li compravano quei vestiti: aveva creato un’idea minimalista e da ragazza super-figa. Il fascino di Glossier è simile: un trucco che esalta la purezza, pensato per donne che rifiutano i modelli «reginetta di bellezza» o «faccia rifatta». Lo slogan del marchio è «la pelle prima di tutto», ma Glossier non ti annoia con la scienza: Weiss non dichiara la composizione dei suoi prodotti. Pensa che alle sue clienti non interessino gli ingredienti fintanto che sono felici dei risultati. L’azienda è stata lanciata online nel 2014 con solo quattro prodotti: un detergente, una crema idratante, il burrocacao e uno spray nebulizzatore. Il tutto era disponibile esclusivamente sul sito, a prezzi adeguati a un mercato giovane. I prodotti venivano spediti in buste di pluriball rosa richiudibili con dentro adesivi con la scritta Glossier. Weiss sperava che le sue clienti li appiccicassero a tutti i loro oggetti, per poi fotografarli e postare le foto sui social media. Clienti che condividono con altre clienti era uno degli elementi chiave del suo modello di business. «Non è più l’epoca in cui è una sola persona a stabilire cos’è di moda», dice. «Le donne scoprono i prodotti di bellezza grazie alle amiche». L’idea di Weiss era che le clienti pensassero al marchio come un’amica – un’amica che magari era un po’ più grande, un po’ più figa, che magari era andata a vivere in una metropoli, ma non per questo aveva perso senso dell’umorismo e umiltà. L’anno scorso Glossier ha lanciato un programma per «rappresentanti»: utenti fortemente motivate ottengono un credito per acquistare i prodotti e una commissione se parlano del marchio con amiche che a loro volta diventano acquirenti. Il corrispettivo virtuale delle venditrici Avon. Le rappresentanti ottengono una loro pagina sul sito Glossier e Weiss giura che lei e il suo staff leggono i loro feedback attentamente. I tipici post sulla pagina di Glossier You sono «Kuesto è ottimo. Kuesto sì ke è ottimo», o «Uso questo profumo tutti i giorni e mi fa sentire davvero più sicura di me». Dal 2007, quando è apparsa su Mtv in tre episodi di The Hills, Emily Weiss è una sorta di icona per i millennial, la star della favola che si è scritta da sé. Weiss è di Wilton, nel Connecticut, una cittadina della Fairfield County, piena di case bianche di legno affacciate su grandi laghi scintillanti. Suo padre era un dirigente della Pitney Bowes, la madre faceva la casalinga. «Ho avuto un’infanzia veramente fantastica», dice. Alla scuola pubblica, mentre tutti giocavano a lacrosse, lei era una fanatica del teatro. In seconda media, dopo avere visto su Vogue un servizio fotografico di Arthur Elgort con la modella Trish Goff, ha scritto una lettera al direttore. «Nella lettera dicevo: “Grazie per avere mostrato alle giovani donne come indossare una minigonna con classe”. Firmato, Emily Weiss, Wilton, Connecticut”. Quando l’hanno pubblicata m’è preso un colpo».
Nei fine settimana faceva la babysitter per un vicino che lavorava da Ralph Lauren. «Gli ho detto: “Adoro tuo figlio, ma la cosa che vorrei fare davvero è lavorare da Ralph Lauren”», ricorda. Il vicino rimase colpito, e l’estate dei suoi 15 anni Weiss iniziò a fare la pendolare tra il Connecticut e Madison Avenue. «Ho dimostrato a me stessa di essere in gamba. Continuavo a ripetere: “Fatemi lavorare. Amo lavorare”». In autunno convinse i genitori a permetterle di non andare a scuola quando sarebbero state presentate le nuove collezioni, così da potere tornare a dare una mano da Ralph Lauren. Alla fine Whitney Fairchild, la stilista del marchio, chiamò Amy Astley, all’epoca caporedattrice di Teen Vogue. «Mi ha detto: “C’è una persona che devi assolutamente incontrare”», racconta Astley. «L’ho incontrata, e wow! Aveva uno stile e un gusto incredibili, era sofisticata e decisa. A quei tempi Lena Dunham faceva da babysitter ai miei figli, e mi ricordo di avere pensato che Emily era più o meno come lei: un’anima antica. Ho sempre saputo che Emily sarebbe arrivata lontano, e una delle cose da cui l’ho capito è stata il fatto che abbia mollato Mtv». Weiss ottenne una serie di lavori da assistente in Condé Nast: prima al guardaroba della rivista W, poi come assistente personale della stylist Elissa Santisi. Iniziò a viaggiare con lei per i servizi fotografici, tempestando di domande parrucchieri e truccatori sul loro lavoro. Una volta, durante un servizio fotografico a Miami, Weiss si complimentò con la modella per l’abbronzatura, e la modella, Doutzen Kroes, le consigliò un autoabbronzante. Lei lo
«NON È PIÙ L’EPOCA IN CUI UNA SOLA PERSONA STABILISCE CHE COS’È DI MODA. LE DONNE SCOPRONO I PRODOTTI DI BELLEZZA GRAZIE ALLE AMICHE»
provò, le piacque e, anche se non aveva mai scritto di prodotti di bellezza, chiese alla responsabile delle pagine bellezza di Vogue, Sarah Brown, se poteva scriverne per il sito della rivista. «È stato un momento fondamentale», dice oggi Weiss. «Pensavo: ma quanto è divertente parlare di prodotti di bellezza? È stato amore a prima vista». «Mi sa che apro un blog», annunciò poi al padre e alla madre. «Parlerà di donne, le metterà in primo piano con i loro racconti e le loro storie». Into the Gloss è stato lanciato sei settimane dopo, proponendosi come una finestra da cui guardare da vicino le abitudini di chi lavora nella moda. Nella rubrica principale del blog, il Top Shelf, addette ai lavori che aveva conosciuto nel periodo in cui aveva lavorato per Vogue lasciavano che lei fotografasse i loro armadietti del bagno e poi parlavano delle loro abitudini e dei loro rituali di bellezza. C’è una forma di democrazia intrinseca nelle abitudini di bellezza della gente – molte donne usano Chanel e la vaselina – e Weiss riusciva a catturarlo in una maniera naturale.
L’idea di passare dal blog al marchio era sempre stata nell’aria. Quando il blog è diventato di successo, Weiss ha studiato il mercato: aveva già centinaia di migliaia di potenziali clienti. Ha anche capito che l’industria dei prodotti di bellezza è dominata da pochi grandi marchi, mentre quelli di nicchia vengono spesso assorbiti dai grandi, perdendo un po’ del loro carattere. La sua idea era diversa: diventare una specie di «perturbazione» per l’industria dei prodotti di bellezza. Iniziare in piccolo. Non puntare al mass market, crescere attraverso piattaforme online, sponsorizzazioni e link, o semplicemente attraverso il passaparola. Ma creare un marchio di prodotti di bellezza è molto più complicato che creare un blog. Ha buttato giù un progetto e ha iniziato a portarlo in giro. È andata a bussare alla porta di 12 società di venture capital, e ha ricevuto 11 «no». L’unico «sì» è arrivato da Kristin Green, fondatrice di una venture capital di San Francisco interessata a marchi avviati da donne. «Emily non mi ha presentato solo Glossier, ma un pensiero differente. E ho pensato: devo assolutamente lavorare con questa donna». «È stata una cosa molto stile Homeland», dice Weiss. Ha sistemato una lavagna bianca nel suo appartamento e si è messa a definire le idee creative attraverso una serie di immagini: un po’ di Phoebe Philo, un pizzico di Kate Moss, una donna più anziana con i capelli bianchi e gli zigomi perfetti. E non c’è stata nessuna campagna pubblicitaria surrealista con linguaggi che confondono, e modelli di bellezza inarrivabili. «In alcuni casi le foto fatte con l’iPhone sono più efficaci: ci somigliano di più». Glossier è anche il primo marchio di prodotti di bellezza che parla il linguaggio visivo dei millennial: essenziale, molto spazio bianco, font semplici. I primi prodotti per il corpo sono stati lanciati con una campagna pubblicitaria che mostrava donne nude dalle forme, taglie ed età più disparate.
Èpalese come la stessa Weiss sia l’ingrediente segreto di Glossier – il suo viso meravigliosamente accogliente, fotogenico, da gran lavoratrice. Ma mantenere questa immagine e allo stesso tempo tenersi alla giusta distanza è un balletto complicato. Weiss ha flirtato con l’idea di parlare della sua vita privata solo quando si è sposata, nel 2015. C’è stato un diario dei preparativi – ha descritto la terapia del colon, le microcorrenti («culo più alto»), e ha anche condiviso qualche foto dell’evento, che si è tenuto alle Bahamas con solo 37 invitati. Anche ai millennial piace che i loro eroi stiano su un piedistallo. Weiss non si vede come una visionaria, ma come una persona che ha capito che stava succedendo qualcosa – che i social media stavano trasformando il modo di parlare dei prodotti di bellezza e di acquistarli – e poi ha lavorato come una matta per arrivare in cima. Se la gente vuole essere come lei, bene, è l’era in cui ogni donna può immaginarsi a capo di un’azienda. «Il fatto che io sia l’amministratore delegato di un’azienda può essere di ispirazione per molte clienti», dice.
Un punto vendita su strada è previsto entro l’anno, dopo che l’azienda si sarà spostata in una nuova sede di 25 mila metri quadrati a Soho, progettata da Rafael de Cárdenas. Nel frattempo, Weiss cerca di fare un salto tutti i giorni allo showroom, di sentire i pareri delle sue clienti, di origliare i loro discorsi. Lo staff è giovane e con le facce pulite in stile Glossier. Nessuna di loro ha mai lavorato nel settore dei prodotti di bellezza. «Siamo più come delle amiche», dice Michaela Del Viscovo, una studentessa del Fashion Institute of Technology che lavora 20 ore a settimana in negozio e che all’inizio, come un gran numero di impiegate di Glossier, era solo una cliente. Mentre Weiss sistema una foto appesa storta alla parete, arriva una donna di mezza età con orecchini di diamanti e un parka. «Mamma di maschi», dice a Weiss, «ma ho delle nipoti, e adesso mi ameranno da morire. Sono sempre stata la zia figa, ma se ci facciamo una foto insieme divento leggenda». Weiss sorride gentile. «Certo! Ho un bastone per i selfie incredibilmente lungo».
«PENSAVO: MA QUANTO È DIVERTENTE PARLARE DI PRODOTTI BEAUTY? È STATO AMORE A PRIMA VISTA. POI, HO APERTO UN BLOG, PER METTERE IN PRIMO PIANO LE DONNE»