Vanity Fair (Italy)

A volte (gli orsi) tornano

Cinque anni di assenza nei quali ciascuno sembrava aver preso una strada diversa: ora, in un nuovo disco, i GRIZZLY BEAR raccontano che è possibile costruire sulle rovine

- Di FERDINANDO COTUGNO

Il nuovo album dei Grizzly Bear si intitola Painted Ruins, ovvero «Rovine dipinte», ed è il loro ritorno dopo cinque anni in cui di rovine il quartetto rock newyorkese ne aveva accumulate un po’. I membri si erano allontanat­i da se stessi e dalla musica, avevano cominciato a fare altro (c’è chi come Chris Taylor aveva preso a occuparsi di cucina) e sembrava che fosse il capolinea per un gruppo che era stato tra gli ascolti irrinuncia­bili dell’indie rock americano anni 2000. «L’idea del titolo era costruire sulle cicatrici, abbellire l’invecchiam­ento che tocca a tutti», spiega Daniel Rossen, il chitarrist­a. Il risultato è l’album più arioso e accessibil­e della loro storia: «Siamo tornati e ci sentiamo più liberi, con meno pressione addosso, ci divertiamo di più e ci prendiamo ‰nalmente meno sul serio», spiega Taylor, il cuoco-bassista, che nel frattempo ha anche scritto un libro di ricette chiamato Twenty Dinners. È stato lui a convincere il gruppo a riprovarci con una lunga diplomazia di mail e telefonate. «Sentivo l’astinenza di un tossico, rivolevo la mia band», ammette. E non è stato facile rimettere insieme i Grizzly. «Avevo bisogno di stare lontano dalla musica, la vita in tour, gli anni senza fermarci mai mi avevano fatto perdere la capacità di godermela, avevo perso interesse nelle mie stesse idee. Mi sono preso del tempo, ho vissuto da solo, facendo musica per me stesso», è il racconto di Rossen, ma tutti i membri della band hanno attraversa­to percorsi simili. Alla ‰ne il processo di auto-guarigione ha funzionato. Con le undici tracce di Painted Ruins, i Grizzly Bear sono anche tornati in un mondo della musica che in pochi anni è cambiato completame­nte: «Con Spotify escono album pieni di canzoni inutili, che servono solo a colleziona­re click e aumentare il tempo di streaming. Per noi è l’opposto, crediamo che l’album debba essere più di una somma di canzoni. È così che abbiamo cominciato ad amare la musica da ragazzini ed è così che vogliamo continuare a farla».

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I 4 RAGAZZI DI BROOKLYN Da sinistra: Ed Droste, Daniel Rossen, Christophe­r Bear, Chris Taylor.
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