Ridotte alla fame
Arriva FINO ALL’OSSO, storia sull’anoressia che in America ha già suscitato polemiche: il film banalizza e aggiunge glamour al disturbo?
Iprimi a insorgere sono stati gli psichiatri inglesi, seguiti da quelli australiani: hanno chiesto che il film venga trasmesso accompagnato da una nota informativa circa la pericolosità di certe immagini. Scritto e diretto da Marti Noxon (già sceneggiatrice di Buffy l’ammazzavampiri), Fino all’osso non è ancora andato in onda e fa già molto discutere. Il film, disponibile dal 14 luglio su Netflix, racconta infatti la storia di Ellen, ventenne anoressica. Nel trailer si vede la giovane attrice Lily Collins ridotta pelle e ossa e con occhiaie profonde fare quello che fanno le anoressiche: giocare con un’amica a contare le calorie degli alimenti, muovere il cibo nel piatto senza mai portarlo alla bocca, negare di avere un problema davanti ad amici e parenti. Il film ha comunque un lieto fine, dal momento che Ellen decide di entrare in un gruppo di auto-aiuto e farsi seguire da un medico che ha il volto di Keanu Reeves, un finale che rispecchia la vita vera: anche Lily in passato ha sofferto di disturbi alimentari e li ha superati. Eppure chi si occupa di anoressia ha paura che in film come Fino all’osso il tema venga banalizzato, semplificato, addirittura reso glamorous. Sono le stesse preoccupazioni che avevano già investito Tredici, la serie sempre di Netflix sul suicidio adolescenziale. Polemiche a parte, un dato è certo: il disturbo mentale come materiale narrativo sta vivendo un momento d’oro, e gli ottimi ascolti di Tredici ne sono la prima prova. L’altra è il successo di Dear Evan Hansen, il musical che sta sbancando a Broadway, ultimo vincitore del Tony Award e che racconta di un ragazzino di diciassette anni afflitto da fobia sociale, con molti tic e il vizio di mangiarsi le unghie (il protagonista Ben Platt ha vinto un Tony come miglior protagonista in un musical), che rimane coinvolto nel suicidio di un amico e diventa vittima di bullismo. In qualsiasi modo la si pensi, non si può comunque accusare la regista Marti Noxon di appropriazione indebita: la storia di Fino all’osso è strettamente autobiografica, vissuta sulla propria pelle nel periodo tra le superiori e l’università, sfociata in alcolismo e risoltasi felicemente solo nella maturità, dopo la nascita dei due figli. Il suo prossimo progetto è la regia del film tratto dal libro Sulla pelle di Gillian Flynn, la stessa di Gone Girl - L’amore bugiardo. Anche qui la protagonista, Camille Preaker, è una giovane donna che ha trascorso un periodo in un ospedale psichiatrico e ha tendenze autolesioniste.