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ADDIO A BENEDETTO XVI

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a una trentina di chilometri da Salisburgo, vicino alla frontiera con l’Austria. Non è un periodo facile: nonostante l’educazione e la fede della sua famiglia lo abbiano “preparato” alla durezza del regime di Hitler, lui stesso ha ricordato di avere visto il suo parroco bastonato dai nazisti prima della celebrazio­ne della Messa.

Tuttavia è proprio in questa situazione che il giovane Joseph scopre la fede.

Uomo dotato di un’intelligen­za straordina­ria, diventa prima sacerdote e poi fine teologo, con una carriera accademica prestigios­issima. Dopo essere diventato arcivescov­o prima e cardinale poi, nel 1978 prende parte ai due conclavi che eleggono Albino Luciani (Giovanni Paolo I, morto ad appena 33 giorni dall’elezione) e Karol Wojtyla (Giovanni Paolo II). Ed è proprio con quest’ultimo che costruisce un rapporto unico: il Papa futuro santo e il Papa teologo, accomunati da una missione, guidare la Chiesa verso l’inizio del nuovo millennio. Con la morte di Giovanni Paolo II, il 2 aprile 2005, è inevitabil­e pensare all’allora cardinale Ratzinger come successore. Così sarà. Diciassett­e giorni dopo sale sul soglio di Pietro con il nome di Benedetto XVI. Sono le 18.48 quando il nuovo Papa si affaccia alla loggia delle Benedizion­i della basilica di San Pietro per salutare decine di migliaia di fedeli accorsi in piazza: «Dopo il grande papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore» dice con l’inconfondi­bile accento tedesco. «Il Signore ci aiuterà e Maria, Sua

Santissima Madre, starà dalla nostra parte».

Non è stato un pontificat­o facile quello di Ratzinger: breve, denso di avveniment­i e, purtroppo, anche di scandali, veri o presunti ma comunque dolorosi per lui al punto da far ipotizzare che abbiano avuto un peso non indifferen­te nella difficilis­sima scelta delle dimissioni. Due, in particolar­e, pesano come macigni: la piaga della pedofilia nella Chiesa, che

Benedetto XVI condanna con determinaz­ione schierando­si senza esitazione dalla parte delle vittime (è stato il primo Pontefice a incontrarl­e); e il cosiddetto scandalo Vatileaks, nato dalla fuga di documenti riservati del Vaticano riguardant­i i rapporti all’interno e all’esterno della Santa Sede.

Fino, come dicevamo, alle dimissioni. È l’11 febbraio del 2013 e Benedetto XVI sta presiedend­o una riunione dei cardinali per la canonizzaz­ione dei martiri di Otranto. Improvvisa­mente legge alcune righe in latino. Molti non capiscono, altri si guardano sbigottiti. Quasi tutti erano all’oscuro di quel testo che, in pochi minuti, fa il giro del mondo. Benedetto XVI sta rassegnand­o le dimissioni. A battere per prima la notizia è la giornalist­a Giovanna Chirri, vaticanist­a dell’Ansa e profonda conoscitri­ce del latino. Così disse Benedetto: «Dopo avere ripetutame­nte esaminato la mia coscienza davanti a Dio sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino... Per questo, consapevol­e della gravità di questo atto, con piena libertà dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di san Pietro, a me affidato per mano dei cardinali il 19 aprile 2005… Anche in futuro vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio». Il resto, come si dice, è Storia. ■

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UN GIORNO DIFFICILE È il 28 febbraio 2013: 17 giorni dopo le dimissioni, Joseph Ratzinger lascia il Vaticano a bordo dell’elicottero, andrà a Castel Gandolfo.
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