MADE IN ITALY
Ligabue: «Beh, Stefano aveva l’età giusta per fare Riko, e anche la pronuncia giusta. Perché io scrivo le battute in italiano, ma le leggo in emiliano... Però lo confesso, all’inizio avevo anche paura di rovinare il ricordo di “Radiofreccia”. Paura che non scattasse la stessa magia. Invece è stato molto bello ritrovarci sul set. L’ho visto cresciuto, come uomo e come attore. E poi mi pare che abbia anche giocato un po’ a imitarmi. Certe camicie, certi stivali...».
Accorsi: «Un po’ è così. Quando ti trovi di fronte una personalità come quella di Luciano, con una fisicità così forte, un modo di muoversi preciso e deciso, per un attore è una festa. Perché non ispirarsi a lui per Riko?».
Smutniak: «Io posso dire solo che è stato fighissimo vederli entusiasmarsi sul set come ragazzini».
Accorsi: «A dire il vero anch’io avevo un po’ di paura di rovinare il ricordo di “Radiofreccia”. È un film che amo e a cui devo molto. L’ho riguardato pochi giorni fa e trovo che abbia superato alla grande la prova del tempo. Poi però mi hanno convinto i nostri incontri e anche le parole del produttore, Domenico Procacci: con lui ho fatto sei film, so di potermi fidare».
«Made in Italy» prima era un disco. Come si passa da un album a un film?
Ligabue: «Il disco si ferma alla prima metà della storia. Il film mi ha permesso di raccontare l’altra metà. E di andare più a fondo».
Accorsi: «È stato fantastico perché mi bastava ascoltare il disco per capire tutto del personaggio».
Smutniak: «Per me ogni film deve trovare la sua musica. In questo caso c’era già, ed è bellissima».
Ma non è un po’ strano recitare per un regista che è innanzitutto una rockstar?
Smutniak: «Per niente. Luciano si esprime per immagini anche quando canta, ero sicura che avrebbe saputo trovare quelle giuste in un film».
Accorsi: «Per me sapere che non girava un film da 16 anni è stata la migliore garanzia. Se uno torna dietro alla cinepresa dopo tanto tempo significa che ha qualcosa di veramente forte da raccontare».