Potere ai follower!
Fino a ieri osannati come star, gli influencer sono (un po’) in crisi. E c’è chi chi si chiede se è la fine di un’epoca
una campagna ci scherza su ma la faccenda pare seria 2019: allarme influencer. Il mestiere più gettonato del momento potrebbe non essere più così cool. I segni del declino sono già qui. Diesel ha lanciato una campagna dal titolo eloquente: Be a Follower. Ovvero: il potere è nelle mani di chi segue, non di chi “guida”. Perciò ha coinvolto influencer che si auto-svalutano con ironia e ha attivato la piattaforma e-commerce SIDE:BIZ, con cui far diventare i follower i veri ambassador del marchio. Se i fatturati sono ancora alti (i più pagati sono la make up artist Huda Kattan e lo youtuber Cameron Dallas), la curva discendente pare dietro l’angolo. Il documentario Fyre su Netflix racconta il festival omonimo del 2017, rivelatosi un flop: e dire che aveva come testimonial Kendall Jenner e Bella Hadid. Sempre su Netflix, The American Meme riflette sulla precarietà delle professioni virtuali, interrogando gente da milioni di seguaci come Emily Ratajkowski e Josh Ostrovsky, aka The Fat Jewish. La domanda è la solita: come quantificare il loro reale peso economico? Una ricerca condotta da Allison+Partners rivela che quest’anno gli influencer “costeranno” alle aziende 10 miliardi di dollari, ma che le società stesse non potranno valutare il reale ritorno dell’investimento. «Sui social c’è molto rumore ma poche regole: la maggior parte degli influencer non ha reali qualifiche e crea contenuti scadenti» nota Sara Tasker, autrice del saggio Hashtag Authentic. Che ne sarà dei nostri divi millennial come Mariano Di Vaio, Beatrice Valli e Chiara Biasi? Ai follower ribelli l’ardua sentenza.