Viaggio in Italia Val d’Ayas, rivisitata
Val d’Ayas, rivisitata vista da Stefano G. Pavesi
«TUTTO PER ME È INIZIATO QUI: LA PRIMA CAMERA OSCURA, LA PRIMA STAMPA, LA MAGIA»
LA VAL D’AYAS è la seconda che s’incontra addentrandosi in Valle d’Aosta: «Luminosa, curata, poco piovosa». Un piccolo paradiso per Stefano G. Pavesi, milanese, classe 1967, fotografo (info: stefano pavesi.net) ritrattista e autore di reportage sociali e servizi dalle periferie italiane. Di più: per lui, quella valle a due ore da casa è un luogo formativo. «L’ho conosciuta con occhi di bambino, quando ogni cosa sembrava immensa, nel tempo dei giochi sfrenati e delle prime scoperte, delle canzoni con la chitarra e delle camminate in alta montagna. Ma quella valle è anche il luogo in cui tutto ha avuto inizio: la prima camera oscura e la stampa di una foglia. La scoperta della magia. D’estate andavo in colonia; quella estiva della Olivetti, una realtà educativa e ricreativa illuminata e all’avanguardia negli anni Settanta e Ottanta; un’esperienza indimenticabile». In più è diventata anche un luogo del cuore condiviso: «A distanza di 30 anni, quando ho incontrato mia moglie, ho scoperto che era solita trascorrervi le vacanze dell’infanzia; da allora una parte dell’estate la passiamo sempre qui, da appassionati camminatori a contatto con la natura».
TORNARCI DA ADULTO per Pavesi è «un viaggio attraverso il tempo e la passione»; e dunque «raccontarla attraverso vecchie pellicole Polaroid, in voga negli anni Settanta è stata una scelta della mente e del cuore». I colori cangianti e le chiazze di luce «corrispondono ai ricordi e assicurano un collegamento quasi onirico tra passato e presente. La tecnica? Per me è sempre al servizio dell’emozione e la amplifica». E quindi vale tutto: «Pellicole Polaroid 45 o Sx-70 manipolate in digitale o a mano mentre l’emulsione reagiva con gli acidi». Alcune pellicole erano scadute, i sogni no.