Italia dreaming
L’ARTE DELLA REGIA L’HA RESPIRATA IN FAMIGLIA. COME L’AMORE PER IL NOSTRO PAESE. E AL GRANDE CINEMA DI FELLINI E SORRENTINO GIA COPPOLA DEDICA UN CORTO IN SUPER 8. PROTAGONISTA: IL MADE IN ITALY.
ORPO ESILE E VOCE SOTTILE, una timida Gia Coppola sembra preferire il mondo delle immagini a quello delle parole. Un cognome, il suo, che non ha bisogno di presentazioni, rampolla di una della famiglie più prolifiche e potenti di Hollywood. Tra la zia Sofia, lo zio Roman, i cugini Nicolas Cage e Jason Schwartzman e, dulcis in fundo, nonno Francis, la giovane regista il cinema ce l’ha nel sangue. La incontriamo a Los Angeles quando ha appena finito di girare il nuovo corto Fay (a brevissimo online) per la Director’s Jacket, un capo ispirato a uomini «speciali» che hanno saputo influenzarci attraverso le proprie esperienze e creatività. Una giacca che nasce in seguito a un’attenta ricerca iconografica dalla quale è emerso che molti registi usavano indossare sahariane multitasche in cotone lavato, ideali sul set come nella vita di tutti i giorni. La collaborazione tra Fay e Gia Coppola è nata quasi spontaneamente. «È stato un progetto divertente da girare» ammette lei. «Il marchio Fay mi piace molto: la Director’s Jacket è un classico, elegante e ben fatto, anche se io indosso sempre il Double Coat».
Il corto rappresenta un omaggio al cinema italiano, in particolare a una tradizione che va da Federico Fellini a Paolo Sorrentino. «Fellini è tra i miei registi preferiti» conferma, «e La dolce vita è un film da cui ho tratto un mare d’ispirazione». Ma quel che particolarmente la intriga del nostro grande maestro «è la sua immaginazione esplosiva e la vicinanza al mondo dei sogni». Non dissimile da Sorrentino, che lei definisce appunto «un moderno Fellini», e dal suo film La grande bellezza, per il quale Gia dichiara forte ammirazione. Proprio in omaggio al mondo onirico felliniano, la regista ha scelto il sogno come chiave stilistica per il corto: il protagonista è infatti un giovane regista che ha perso qualsiasi motivazione e che, osservando la propria immagine riflessa in uno specchio, intraprende un viaggio interiore in cui ritrova il coraggio di esprimersi e l’estro creduto perso. «Ho
voluto indagare la moltitudine di emozioni che riaffiorano nella mente e nel cuore di un giovane uomo contemporaneo» dice, «e vedere come si evolve la sua vena creativa quando va a scavare in fondo a se stesso». Per enfatizzare la prospettiva onirica, Gia ha scelto di «utilizzare la classica Super 8, e poi anche la Super 8 digitale, una combinazione che mi è servita per creare molteplici sfumature». Il giovanissimo cast vede Wolf Fleetwood-ross nel ruolo del regista, mentre Zoe Sidel e Leila Rahimi interpretano le sue emozioni.
A FASCINAZIONE DI GIA per la moda non è faccenda recente. Quella con Fay non è infatti la sua prima collaborazione per un marchio fashion. Il suo debutto alla regia è avvenuto cinque anni fa con alcune clip girate per un’amica stilista creatrice del brand Built by Wendy. Una cosa tira l’altra, e sono seguite cascate di offerte. Prime fra tutte, quella della maison americana Opening Ceremony, che le ha commissionato diversi corti, con protagonisti Kirsten Dunst e Jason Schwartzman, cui poi sono seguiti altri lavori per Diane von Fürstenberg e Rodarte.
Nata nel 1987 a Los Angeles, è figlia di Giancarlo Coppola (scomparso in un incidente nautico prima che lei nascesse) e di Jacqui Getty (della celebre dinastia). «Mia madre per anni ha lavorato come costumista assieme a Milena Canonero» racconta, «quindi sin da piccola ho imparato ad apprezzare l’importanza dei costumi, e poi da adulta ho capito quanto lo stile valga anche nella vita di tutti i giorni». Forse si sente una fashion victim? «Non proprio, mi piacciono i capi vintage, appena posso vado ai mercati delle pulci e dell’antiquariato a cercare delle chicche, altrimenti faccio compere online». Il suo occhio per gli stilisti di punta però resta sempre attivo. Tra i suoi preferiti, ci sono Proenza Schouler e le ragazze del team Rodarte.
«Ho studiato fotografia a New York, ma dopo il diploma la voglia di scattare è andata scemando, fino a quando mi hanno chiesto di girare dei corti e ci sono cascata». Nel 2013 arriva il vero debutto dietro alla cinepresa con Palo Alto, lungometraggio con protagonista James Franco, anche autore del libro (titolo italiano In stato di ebbrezza, minimum fax) da cui è stata adattata la sceneggiatura. «James mi ha aiutato parecchio a fare il salto» ammette lei, «è stato un grande insegnante, e mi ha spronato a buttarmi perché questo è un mestiere che s’impara solo facendo».
E che consigli le hanno dato i parenti famosi? «Ho imparato molto anche solo osservandoli sul set. Mi ha colpito la grande calma e confidenza con cui si muovono e il loro diverso approccio: il nonno ha una personalità stravagante, mentre zia Sofia è piuttosto calma e silenziosa. Alla fine il miglior consiglio che mi hanno dato è di essere me stessa». Nonno Francis, che lei definisce «un uomo saggio e divertente», le ha però saputo aprire la mente in mille modi, come quando da piccola l’ha portata a scoprire l’asia in un viaggio magnifico in treno sull’orient Express («indimenticabile»). E anche se in passato Francis l’ha diretta ancora bambina in New York Stories, la carriera di attrice non le è mai interessata: «Amo fare la regista, è un’arte collaborativa, in cui lavori con persone che creano su diversi fronti, e alla fine girare è anche un buon modo per scoprire se stessi».
Gia vive a Los Angeles in pianta stabile, e quando non è impegnata sul lavoro le piace stare a casa, «a leggere, scrivere e guardare film assieme al mio gatto». Non è una fanatica del fitness o dello yoga come molte giovani in città, «anche se dovrei, vista la mia scoliosi, ma alla fine sono pigra, e al massimo vado a fare una camminata». Parla un po’ d’italiano? «No, non credo che quella parte del mio cervello funzioni molto bene…» sorride, «anche se il nonno mi scrive sempre e-mail in italiano che io comunque stento a capire».