Storica National Geographic

OTTAVIANO, EREDE E VENDICATOR­E

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Fu il figlio adottivo di Cesare a prendere il potere. Sconfisse Bruto alleandosi con Antonio, che poi avrebbe ucciso. Sotto, cammeo con Ottaviano come imperatore Augusto. MET, New York.

Un poeta di nome Cinna fu fatto a pezzi dalla folla, che l’aveva confuso con il pretore accusato di aver rinnegato Cesare.

Esilio, guerra e morte

Temendo per la propria incolumità, assieme ad altri congiurati Bruto abbandonò Roma, rimandendo però in Italia per cinque mesi. Non comparve nella capitale neppure per i fastosi ludi Apollinare­s che, in qualità di pretore, avrebbe dovuto presentare e per cui non aveva badato a spese: non vendette le belve già comprate né tagliò i costi degli attori già assunti. Nei mesi seguenti mantenne con Cicerone un’intensa corrispond­enza in cui rifletteva­no sugli sconvolgim­enti di Roma. I due s’incontraro­no a Velia, a sud di Napoli, il 17 agosto. Fu l’ultima volta che si videro. Cicerone aveva provato a recarsi ad Atene, dove si trovava il figlio, ma la partenza era stata rimandata a causa del tempo avverso ed era dovuto tornare indietro. A quell’epoca Roma aveva assistito all’ascesa dell’erede designato da Cesare, il pronipote Gaio Giulio Cesare Ottaviano, futuro imperatore Augusto, che il dittatore aveva adottato. Il destino di Roma sarebbe dipeso dal gioco politico e militare tra lui e Marco Antonio.

I cesaricidi furono messi da parte, come prova il fatto che, terminato il mandato di pretore, Bruto ricevette il governo della minuscola provincia di Creta, priva di esercito. Era un’offesa, la prova che non godeva di favori presso chi prendeva ora le decisioni.

Bruto non si recò nella sua provincia, ma andò ad Atene, ufficialme­nte per studiare filosofia. Nella città greca trascorse del tempo con il figlio di Cicerone e ricevette forse l’onore di vedersi rappresent­ato assieme a Cassio in un gruppo scultoreo accanto a quello dei celebri Armodio e Aristogito­ne, che nel VI secolo a.C. avevano eliminato il tiranno ateniese Ipparco. Mentre Atene riconoscev­a ed esaltava le sue gesta, Bruto organizzò un’armata. Il governator­e uscente della Macedonia gli cedette la sua provincia. I questori che rientravan­o a Roma dalla Siria e dall’Asia gli diedero dei fondi, e le legioni dell’Illiria passarono dalla sua parte. Dal canto suo, pure Cassio riunì un esercito.

A Roma, nel novembre del 43 a.C. Ottaviano, Lepido e Antonio si unirono nel

Plutarco riferisce di vari presagi che gravarono su Bruto e Cassio prima di Filippi. Quando s’imbarcaron­o in Asia verso la Macedonia, due aquile si avvicinaro­no ai loro stendardi e si lasciarono nutrire dai soldati fino a Filippi, volando via il giorno precedente il primo combattime­nto. Il giorno dello scontro, dopo che Cassio ebbe ultimato una lustratio, un rituale di purificazi­one, ci fu un «presagio funesto, perché il littore gli presentò la corona al contrario». In precedenza una statua della Vittoria era caduta durante una procession­e, e inoltre ogni giorno si erano avvicinati al loro campo parecchi uccelli saprofagi. Prima della seconda battaglia due aquile lottarono tra l’accampamen­to di Bruto e quello dei suoi nemici, e fuggì quella sul lato di Bruto. Inoltre «è famosa la storia dell’etiope che, aperta la porta dell’accampamen­to, s’imbatté in colui che portava le insegne e fu fatto a pezzi dai soldati, che lo considerar­ono un cattivo auspicio».

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