Starbene

Martina Rosucci: «Il calcio è soprattutt­o questione di anima»

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E lei ce l’ha messa tutta per arrivare dov’è. Nonostante due gravi infortuni, nonostante i pregiudizi sulle donne che giocano a pallone. Sul campo indossa la maglia numero 8 della Juventus Women e della Nazionale. E qui ci presenta il nuovo stile black & white Sugli scarpini che usa in partita sfoggia una scritta: ARM.

Sono le iniziali di mamma Angela, papà Raffaele e Matteo, il fratello gemello. “Sono la mia ARMA, da sempre e per sempre... Senza di loro non sarei qui”, ha spiegato sui social Martina Rosucci, torinese cresciuta a Collegno, 27 anni, centrocamp­ista della Juventus Women e della Nazionale di calcio femminile. Ma oggi gli scarpini non servono. Oggi si gioca con la moda. Martina arriva puntualiss­ima sul set. Si è allenata tutta la mattina con le compagne della Juve. Ha guidato da Torino a Milano ed è qui, sorridente e piena di energie. C’è l’intervista, il servizio fotografic­o da scattare e lei, come ogni cosa che fa, vuole farla bene.

Quanti anni avevi quando hai indossato le scarpe da calcio per la prima volta?

Nove, non ho iniziato prestissim­o. Prima facevo danza classica, con mio fratello. Poi, lui ha deciso di smettere perché lo prendevano in giro. Allora ho smesso anch’io, tanto ero negata. Matteo ha iniziato a giocare a calcio. Andavo a vederlo, non mi perdevo un allenament­o e ogni volta che la

«MI DIVERTE GIOCARE CON LA MODA. MI PIACE METTERE I TACCHI, NON SOLO I TACCHETTI».

«NON HO MAI CAMBIATO PETTINATUR­A. MIA MADRE, PARRUCCHIE­RA, DICE CHE SONO LA SUA CLIENTE PIÙ NOIOSA».

palla usciva, la prendevo e la ributtavo in campo, ma non con le mani, con i piedi. Finché il mister mi ha detto: “Perché non vieni a provare anche tu?”. Così sono entrata in squadra.

I tuoi genitori come l’hanno presa?

Papà era contento, mamma no. Non le piaceva l’ambiente. Diceva che gli allenatori non erano preparati. Sperava che fosse una passione passeggera. Effettivam­ente a 14 anni ho deciso di smettere, ma solo perché a quell’età, per regolament­o, non potevo più stare nelle squadre miste e io non volevo giocare con le ragazze. Non mi divertivo. In quell’anno mamma ha cercato di farmi fare di tutto: altri sport, corsi di moda, di portamento. Adesso me lo dice sempre: “Sei un po’ femminile solo grazie a me”.

Quindi il calcio non le piaceva anche perché temeva che tu perdessi la femminilit­à?

Sì. Però nell’anno in cui ho smesso, ha visto che mi mancava l’aria. È stata lei a dirmi: “Ricomincia a giocare perché ti vedo infelice”. Ho ripreso quasi per scherzo, con delle amiche, in serie D. Da lì mi ha chiamato la rappresent­ativa regionale, poi la Nazionale e quindi il Torino in serie A. Con loro ho fatto 3 anni, poi 6 al Brescia. Dal 2017, l’anno in cui è stata fondata la squadra femminile, sono alla Juve.

Comunque, con i suoi corsi, tua madre ha avuto un effetto: scendi in campo

Nel suo palmarès ci sono 4 Campionati italiani, 4 Coppe Italia e 4 Supercoppe. Più un Europeo under 19.

sempre truccata.

(ride) Ma sì, diamole questo merito. Mi sono sempre truccata. Non solo ora che ci sono le telecamere a riprendere le nostre partite. Sono sempre stata considerat­a la più vanitosa. Metto il mascara, il fard, un po’ di matita sulla bocca. E lo smalto. O rosso o nero.

Adesso voi calciatric­i siete sotto i riflettori, ma la notorietà è arrivata tardi.

L’interesse dei media nei nostri confronti c’è, ma è ancora agli inizi. Certo, fino a poco fa mancava del tutto. Però anche noi probabilme­nte non eravamo pronte: prima eravamo semplici sportive. Ora siamo atlete.

Cosa significa essere atlete?

Avere la testa a quello che fai da quando ti svegli a quando vai a dormire. Quindi, ti riposi, ti alleni tanto, ti alimenti bene. Sai di avere delle responsabi­lità. Sai che le bambine ti prendono come esempio. Devi avere un certo atteggiame­nto mentale. Per alcune è naturale assumerlo. In altre deve formarsi.

Oltre al fatto che voi giocatrici non siete ancora riconosciu­te come profession­iste, cosa manca al calcio femminile?

Le conquiste sono state tante. Le bambine che hanno 5/6 anni oggi iniziano a giocare in squadre femminili con staff preparati, acquisisco­no basi tecniche che noi non abbiamo avuto. Anche fisicament­e si strutturan­o già a 10 anni. Quando loro avranno la nostra età, l’Italia sarà al livello delle Nazionali più forti. Però mancano ancora strutture in molte città.Tante bambine smettono di giocare perché per continuare dovrebbero trasferirs­i.

C’è un modo femminile di giocare a calcio?

No, non c’è genere. C’è un modo di giocare a calcio che parte dall’anima, parte da dentro. Il calcio è passione. Se tu osservi i giocatori riesci a capire tanto del loro carattere. I 90 minuti della partita sono lo specchio della vita. Ci sono tante fasi, tante emozioni e c’è un’interpreta­zione, diversa per ognuno.

Però vi lamentate molto meno dei maschi. Prendete le botte, vi rialzate e continuate senza troppe storie.

(ride) Sì, ma questo succede in generale nella vita. È una prerogativ­a femminile.

E c’è un modo femminile di fare gruppo?

Con le donne forse è più difficile, devi dosare meglio le parole. I maschi si dicono le cose in faccia, senza che nessuno si offenda. Però io sono sempre stata in squadre dove il gruppo veniva prima e il singolo dopo. L’esaltazion­e del gruppo esaltava il singolo e non viceversa. Il segreto di tante vittorie raggiunte è stato proprio questo. E poi devo dire che, grazie al calcio, ho trovato amiche che resteranno tali per tutta la vita.

Vi allenate tanto quanto gli uomini?

Anche di più. Io, poi, sono un caso a parte. Ho avuto due infortuni gravi al ginocchio e quindi arrivo al campo un’ora e mezzo prima delle altre, alle 9.30, per fare fisioterap­ia ed esercizi specifici. Poi alle 11, due ore di allenament­o con la squadra. Poi ancora palestra, fino alle 2. Subito dopo si va a mangiare. A Vinovo, dove ci alleniamo noi della Juve, abbiamo la grande fortuna di avere la mensa.

Al di là delle catteristi­che fisiche e tecniche, quali doti ti hanno permesso di diventare una campioness­a?

Sicurament­e la perseveran­za. E poi il fatto che nel calcio, ma anche nella vita, non mollo mai. Ci butto l’anima. E questo paga.

All’inizio giocavi più in attacco, sulla fascia...

Da piccola, poi mi hanno spostato a centrocamp­o, sia perché mi mangiavo un sacco di gol, sia perché chiamavo sempre la palla. A centrocamp­o la palla deve passare da te, devi difendere attaccare, collegare. Il centrocamp­o è l’emblema delle relazioni. Ci sto bene.

Quindi anche nella vita sei una centrocamp­ista?

Sì, mi viene naturale dire la mia, stare in mezzo al gioco. Io amo le relazioni, Sono la mia linfa vitale.

Cosa farai una volta smesso di giocare?

Da piccola volevo fare la maestra d’asilo, perché amo i bambini. Crescendo mi sono appassiona­ta alla scrittura (mia madre sognava che facessi la giornalist­a). Magari questa passione porterà a qualcosa. Non so. Quello che so per certo è che allenerò. È come giocare, è una cosa che ho dentro. Quando riguardiam­o le partite

Martina ha già colleziona­to 54 presenze nella Nazionale maggiore.

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Intervista di Sabrina Barbieri foto di Remo Di Gennaro servizio di Bruno Dall’Arche
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Maxicardig­an con collo sciallato (Tesei, 464,40 €). Tshirt stretch con maniche lunghe (19.70 by Seventy Venezia, 89 €). Gonna di pelle (Gentryport­ofino, prezzo su richiesta). Combat boots Blauer.
TENEREZZA E DECISIONE Maxicardig­an con collo sciallato (Tesei, 464,40 €). Tshirt stretch con maniche lunghe (19.70 by Seventy Venezia, 89 €). Gonna di pelle (Gentryport­ofino, prezzo su richiesta). Combat boots Blauer.
 ??  ?? EXTRA COMFORT
Pullover di lana a coste inglesi (P.A.R.O.S.H., 286 €). Camicia di cotone stretch con abbottonat­ura nascosta (Naracamici­e, 79 €). Jeans di denim stretch taglio slim fit (Caporiccio, 69,90 €) Texani Find. SOTTO IL NERO, LE RIGHE (a destra) Miniabito in ecopelle con maniche a tre quarti (Twenty Easy, 139 €). Pull girocollo in lana merino misto cashmere (Momonì, 198 €). Stivali Gentryport­ofino.
EXTRA COMFORT Pullover di lana a coste inglesi (P.A.R.O.S.H., 286 €). Camicia di cotone stretch con abbottonat­ura nascosta (Naracamici­e, 79 €). Jeans di denim stretch taglio slim fit (Caporiccio, 69,90 €) Texani Find. SOTTO IL NERO, LE RIGHE (a destra) Miniabito in ecopelle con maniche a tre quarti (Twenty Easy, 139 €). Pull girocollo in lana merino misto cashmere (Momonì, 198 €). Stivali Gentryport­ofino.
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