L’arte della frittella
CHIACCHIERE, TORTELLI, FRITTOLE, GRAFFE... UNA SFILATA DI DELIZIE SEMPLICI, FRAGRANTI E DORATE RALLEGRA I GIORNI DI CARNEVALE. CON OCCHIO INDULGENTE ALLA TRASGRESSIONE
Chiacchiere, tortelli, graffe e altre fragranti delizie del Carnevale
A Carnevale ogni dolce vale... purché sia fritto. Così si celebra davvero l’allegria del tempo dedicato a far festa, agli scherzi e ai travestimenti. Addentare una frittella o friggere una chiacchiera sono piccoli piaceri che in questo periodo si ritrovano volentieri. E si tratta di piaceri fatti quasi di niente. Farina, zucchero, uova, lievito e poco di più. Una nota liquorosa, un cuore di crema, un profumo di anice o di agrumi e poi l’ingrediente principe: l’olio. È l’olio bollente nella padella, crepitante, a trasformare quei fagottini, quelle ciambellette, quei piccoli scrigni di pasta in prelibatezze che conquistano tutti, a tutte le età. Dolci ingenui, elementari, che suscitano qualche perplessità dietetica, ma per fortuna continuano impavidi una tradizione antichissima. I Romani avevano i crustuli e le frictilia che piacevano tanto ai bambini; nel Rinascimento i ricettari dei cuochi che operavano nelle sfarzose corti italiane riportano ricette di dolci fritti carnevaleschi; a Venezia nel Settecento si cuocevano le frittolazze per le calli e sui campielli invasi dalle maschere.
Le ricette di oggi, praticamente, non sono cambiate rispetto al passato. Le più popolari sono a base di semplice pasta, dolce ma non troppo, aromatizzata con vino, liquore o scorza di agrumi. L’impasto viene tirato, poi tagliato e fatto a nastro, a fettuccia annodata, a rombo, a triangolo, più spesso a rettangolo con due tagli netti centrali. Bastano pochissimi minuti nell’olio bollente e sono pronti. Per scongiurare l’eccesso di calorie, adesso frittelle, chiacchiere e tortelli vengono anche cotti al forno: in realtà, spesso sono prima fritti e poi passati in forno ad asciugare, perciò il risparmio calorico non c’è.
Ma, almeno a Carnevale, si può liberare dalle costrizioni della dieta. Certo, bisogna friggere nel modo giusto. Se si ama l’olio d’oliva, il migliore è quello delicato, altrimenti è ottimo quello di semi di arachide. Una volta si usava lo strutto, che dà al fritto una morbidezza speciale, ma aumenta la dose di grasso. Solo eccezionalmente la ricetta prevede il burro e, allora, va scelto quello chiarificato che ha un punto di fumo più alto. In ogni caso, vuoi mettere la gioia di tirare con il matterello la tua sfoglia, darle la forma preferita, friggerla per averla calda, gonfia e profumata? Il naso è avvolto dalla fragranza di olio bollente che sfrigola sul fuoco mentre si formano i piccoli gioielli dorati. Via via che cuociono, si scolano sulla carta assorbente, lo zucchero scende in una lieve cascata bianca a impreziosirli, ed eccoli nel piatto, al centro del desiderio. In bocca sarà una festa deliziosa che ci ricorderemo a lungo. Le versioni più semplici hanno nomi divertenti e sonori: “bugie” in Liguria e Piemonte, “chiacchiere” in Lombardia, “lattughe” a Mantova, “crostoli” in Trentino, “galani” in Veneto, “sfrappole” in Emilia “frappe” in Umbria e Lazio, “stracci” e “cenci” in Toscana, “zippulas” in Sardegna.
Curiosando fra i ricettari si incontrano classici e soprese. A Milano non c’è Carnevale senza i tortelli, ottenuti da un impasto messo a cucchiaiate nell’olio. Gli scroccafusi marchigiani sono piccole sfere completate con un giro di alchermes o di rum. Nel Bellunese abbiamo trovato le orecchie di coniglio, rettangoli farciti di semi di papavero e miele. A Napoli, le graffe (adattamento partenopeo del tedesco “krapfen”) sono ciambelline morbide per la presenza di patate nell’impasto. Farcia di mandorle e miele, aromatizzata alle spezie per i culingiones sardi, ravioli dolci quadrati. Ma questo è solo un assaggio delle mille variazioni sul tema della frittura di festa.