FORMULA LEWIS Il pilota della Mercedes si prepara al suo quinto titolo mondiale. È uno che combatte e vuole vincere sempre. Ha carattere e cattiveria. Per la Ferrari, un incubo.
Esce dall’auto, si toglie il caso, si passa una mano tra i capelli. Poi sorride e salta. E l’esultanza di Lewis Hamilton. Vista 69 volte, ovvero a ogni gran premio vinto. Il che lo mette davanti a tutti i piloti della sua generazione e a tutti gli altri delle altre generazioni meno Michael Schumacher. Poi gli altri numeri: 223 gran premi corsi, 124 podi, 79 pole position, 40 giri veloci in gara. Nel 2008, quando vinse il suo primo mondiale diventò il pilota più giovane a farlo, qualche anno dopo questo record glielo tolse Sebastian Vettel. Adesso Lewis ha staccato Seb: va verso il suo quinto mondiale. Gli basta arrivare sempre secondo, ammesso che Vettel li vinca tutti. Non parla di questo, Lewis. Ma lo sa. Anche questo 2018 è suo o sta per essere suo. E lo diventa con una dimostrazione di forza, di costanza, di talento che lo fa vivere come un fenomeno dello sport contemporaneo. In Italia è penalizzato dall’essere il rivale della Ferrari, ma nel resto del mondo Hamilton è una star assoluta, vissuto come un’icona di forza, costanza, classe e anche arroganza. Perché avete mai visto uno che corre così in macchina e sia una verginella. Lewis combatte e vuole vincere, sempre. Così arriva in qualifica o in gara e resetta sempre tutto. Può viaggiare tutta la settimana per le molte attività extra corsa che ha, ma poi arriva in circuito e diventa il più incredibile animale da vittoria che lo sport motoristico recente ricordi. Vuole la pole e poi vuole la vittoria in gara. Punto. Così da dieci anni. Il suo primo Mondiale lo vince nel 2008, l’anno successivo del suo esordio. È un Mondiale thriller vinto all’ultima curva, e non è un modo di dire. A due giri dalla fine del Gp di Interlagos, con Massa in testa alla gara ma secondo nella classifica generale, Hamilton sbaglia e si fa sorpassare da Vettel finendo in sesta posizione. Con queste posizioni, il titolo è di Massa. Ma davanti a Vettel e Hamilton c’è Timo Glock, con gomme da asciutto in condizioni di pista bagnata e un tempo sul giro molto lento. E all’ultima curva, quando Massa ha già tagliato il traguardo e il box Ferrari sta festeggiando il titolo mondiale, Hamilton sorpassa Glock, tornando quinto in pista e primo in classifica generale. Il telecronista inglese, vedendo la McLaren affiancare la Toyota del tedesco, urla: «Oh my God! Is that Glock? Is that Glock?». Sì, quello è Glock. E Lewis Hamilton è campione del mondo. Il primo nero. E forse la seconda pop star a diventarlo. Perché questo è Lewis da quando corre: un pilota che non è solo un pilota. È un uomo della moda, un uomo del lusso, un uomo del business, un uomo del divertimento. Ha idee, ha voglia, ha il gusto della provocazione e il culto della personalità. Alla fine dell’ultima vittoria ha citato Mohammad Ali e ha imitato il suo sinistro-destro. «È il mio mito», ha detto. Intendeva per popolarità, per penetrazione nella cultura di massa. Solo che Lewis è figlio di questo tempo.
Lewis Hamilton, 33 anni, inglese, è quattro volte campione del mondo di Formula1 (un titolo vinto con McLaren e tre con Mercedes). Reduce dalla vittoria del Gran premio di Singapore, ne ha conquistati 69 nella sua carriera ed è salito 129 volte sul podio, mettendo a segno 79 pole position. In questo momento è al vertice della classifica piloti, con un distacco di 40 punti da Sebastian Vettel della Ferrari.