Un robot mi ha rubato il posto
Cocktail senza baristi, negozi senza commessi, hotel senza concierge. Ma anche consegne senza fattorini e uffici senza dipendenti. L’intelligenza artificiale, i droni e le macchine sono già pronti a sostituirci. E non siamo preparati.
Èstato il tema più gettonato all’ultimo esame di maturità: il 38,9 per cento dei ragazzi, per la prova scritta di italiano, ha scelto di ragionare sulla capacità imminente dei robot di sostituire l’uomo nel mondo del lavoro (la traccia d’esame si basava anche su un articolo pubblicato sul sito Panorama.
it). A dimostrare come il tema sia d’attualità c’è un recentissimo corposo studio della società di consulenza McKinsey, basato su 820 mestieri, secondo cui il 49 per cento delle professioni è automatizzabile con tecnologie già sviluppate, che devono solo diffondersi. Secondo gli esperti, sarà uno tsunami che arriverà a toccare 1,2 miliardi di persone. Che probabilmente si vedranno scippare il posto di lavoro da un robot. A confermare questa tendenza anche il Forum (appena concluso a Milano) dal titolo emblematico: Un robot prenderà il tuo posto?. Ospite d’onore: Martin Ford, tra i massimi teorici mondiali sull’impatto dell’intelligenza artificiale nella società di domani.
Nell’era della «no human interaction», come l’hanno battezzata gli americani (cioè senza interazione umana), avremo a che fare sempre più con computer e sempre meno con gli esseri umani. I quali, spogliati del loro ruolo, diventeranno marginali, accessori. Sostituibili. La rivoluzione è in atto. Esistono, infatti, luoghi reali dove la sostituzione macchina-uomo è già realtà. Caffetterie senza baristi, negozi senza commessi, hotel che spediscono la chiave sul telefonino, così all’arrivo si fila dritto in ascensore, saltando la sosta alla reception.
Succede per esempio a Berlino, in un locale dagli echi hipster e con arredamento post-industriale nascosto dentro un elegante cortile nei pressi del Duomo. Si chiama Data Kitchen, Panorama l’ha visitato. Il pasto si sceglie da un sito internet, in qualsiasi momento della giornata; si scorrono i piatti, si paga con carta di credito. All’orario indicato ci si presenta al ristorante e una mail sul telefonino indica quando le pietanze sono pronte. Cliccando su un link nel messaggio si sblocca lo sportello di un grosso armadio adagiato contro una parete: lo scomparto che cercate ha il vostro nome (la superficie frontale è un enorme display), il pranzo è all’interno. Ci si siede dove si vuole, si mangia e si va via, senza parlare con nessuno. D’altronde l’ordine era nella memoria del cervellone prima del vostro arrivo, il conto già saldato, la mancia ormai priva di senso.
Lo stesso accade negli Stati Uniti nel
la catena Eatsa, con filiali da una costa all’altra e un meccanismo identico a quello tedesco: il cibo è preparato sul momento da uno chef in una cucina non visibile; il menu si compone su un tablet, il pranzo si ritira da un cubicolo. «Che resta opaco, quasi a voler celare che dietro le quinte c’è una persona vera a riempirlo» sottolinea la rivista Forbes, domandanosi se tecnologie del genere «distruggono la connessione umana». Come minimo, non la incoraggiano.
La sola cosa che conta qui è l’efficienza. Il trattore che non ha bisogno dell’agricoltore al volante, così come l’auto senza conducente, sono instancabili, non spre-
cano tempo con il sonno o uno spuntino, nemmeno con la pausa caffè. Che è stata automatizzata a sua volta, per ora a San Francisco e Hong Kong, dalla catena Cafe X: qualcosa di meglio del distributore che serve un espresso discutibile, perché la bevanda è preparata da una macchina professionale e da un braccio elettronico. Azzera la fila giacché ne serve 120 all’ora, ritmo che stroncherebbe persino per il più stakanovista dei baristi. Che nemmeno nei cocktail troverà presto riparo, visto che avanza il Bionic bar, già in funzione a bordo di alcune navi della compagnia Royal Caribbean: pesca tra 30 liquori, li mixa con soda, succhi e sciroppi, consente al cliente di orchestrare il drink preferito sul solito display. Anche qui la velocità è insuperabile per l’uomo: due bicchieri shakerati al minuto.
L’androide cameriere del film Passengers, che chiacchierava con Jennifer Lawrence e Chris Pratt versando un whiskey o una birra, era di una lentezza imbarazzante: la realtà è molto più accelerata della fiction. Lo conferma la strategia di BlackRock, leader mondiale nei fondi d’investimento: ha deciso di sostituire una parte dei gestori con cervelloni che analizzano dati e agiscono fulminei. Il tempo, si sa, è denaro.
La grande distribuzione, ovviamente, non sta a guardare. Le casse automatiche sono parte della geografia di tanti supermercati, alcuni ridotti a sequenze di distributori di vivande assortite, ma il colosso Amazon va oltre: grazie a una rete di sensori, il sistema Go riconoscerà quali elementi vengono inseriti nel carrello, calcolando il totale e addebitandolo sulla carta di credito, così si può uscire dal supermercato non appena si terminano gli acquisti, senza nemmeno un secondo di fila alla cassa.
La sperimentazione di questo nuovo modello di negozio procede, al momento, con qualche intoppo perché se i clienti abbondano, riferisce il Wall Street Journal, il sistema s’inceppa. Errare, per ora, non è soltanto umano.
A mettere a rischio gli affari dei classici negozi sono però le consegne a domicilio. Come documenta il sito americano Business Insider, più di 3.500 esercizi chiuderanno negli Usa nei prossimi due mesi. «L’apocalisse del retail», titola l’articolo. Il punto è che compriamo tutto on line e lo vogliamo subito. Perciò la stessa Amazon, ma anche corrieri espressi come Ups o le Poste francesi, lavorano con droni che entro i prossimi due anni recapiteranno i pacchi in giardino o sul terrazzo anche dopo mezz’ora dalla richiesta. Mentre già da quest’estate la pizza della catena Domino, per cominciare da Amburgo, sarà portata fino al portone da un robot. Fattorino e postino, addio.
Lo sviluppo della «no human interaction», oltre a determinare la scomparsa di alcune figure professionali, lascia immaginare una vita in cui si interagisce più con i computer che con le persone. Nell’epoca di Facebook, della condivisione perenne e compulsiva, la socialità indietreggia. È minacciata da un display che permette di mangiare, bere, muoversi, comprare. «Una deriva pericolosa perché la relazione con gli altri è un diktat biologico, fa parte della nostra natura» rileva lo psicologo Matteo Marini. Il suo ultimo libro è Happy worker, lavoratore felice. L’opposto di chi dovrà lasciare il suo incarico a un robot: «Il licenziamento» spiega Marini «rappresenta un trauma a tutti gli effetti. Se viene causato da un arto meccanico, è molto più difficile da elaborare rispetto a una crisi aziendale».
Ecco il prezzo della delega alle macchine. Come per qualsiasi beneficio, bisogna fare i conti con i suoi costi.