CHIARA POLEMICA E L’ARTE DI INSEGUIRE I SOGNI
Da bambina, alla realtà preferiva le pagine in bianco e nero dei fumetti. Ha trascorso l’infanzia «con la matita in mano a scarabocchiare dove capitava e senza saper rispondere alla domanda Che cosa farai da grande?». Finisce poi che «prendo molte strade e le sbaglio tutte». Finché Chiara Polemica, milanese, oggi giovane artista e designer, non imbocca però la via giusta, quella della creatività, appunto.
Chiara Polemica è uno pseudonimo? Ha a che fare con il modo in cui lei crea?
A dispetto del mio vero nome, Chiara, ho sempre avuto le idee molto confuse su chi fossi e sul mondo. Fare arte è il mio tentativo di capirlo. «Polemica» è invece un soprannome: raramente accetto le regole del gioco senza metterle in discussione. Di fatto questo è ciò che fa ogni creativo: come un bambino smonta e rimonta il giocattolo.
Come è diventata un’artista?
Non ho avuto la possibilità di fare studi artistici perché 20 anni fa, nella mia famiglia, era sconveniente anche il solo pensarci. C’è voluto tempo per avere il coraggio di essere come sono. Oggi, a differenza di ieri, possiamo scegliere che cosa diventare, ma la società impone standard che ci lasciano sempre meno liberi di fidarci di noi nel capire chi siamo e che cosa vogliamo essere.
Il tema dell’identità è centrale per lei...
Sì. Ha ispirato anche la mia recente mostra milanese The Distance: la distanza tra ciò che vorremmo fare e ciò che facciamo. Perché oggi possiamo davvero sognare qualunque sogno. Ma la crisi rende difficile ogni professione. Il rovescio della medaglia è che abbiamo poco da perdere e allora tanto vale tentare.