Panorama

E le Stelle stanno a guardare

- di Carlo Puca

Avviso ai naviganti: è tornato il centrodest­ra. E sì, perché al termine del lustro parlamenta­re renzian-grillesco, l’elettorato italiano ha scelto di (ri)affidarsi alla versione contempora­nea del Polo della libertà, battezzato da Silvio Berlusconi all’alba della Seconda Repubblica e ben vivo anche nella Terza. Ecco perché il voto amministra­tivo dell’11 giugno ha acceso molte spie d’allarme dentro il Partito democratic­o e (soprattutt­o) i 5 Stelle. La prima è per un elemento fondamenta­le rivelato dalle urne: vincono i partiti che si coalizzano.

Un fatto ancor più decisivo davanti al

Consultell­um, la legge elettorale che - come tutto lascia prevedere - regolerà le prossime Politiche, cioè un sistema elettorale proporzion­ale, con soglie di sbarrament­o pari al 2 per cento per i partiti coalizzati e del 4 per quelli non coalizzati. La miscela tra i risultati delle amministra­tive e il Consultell­um sta ora inducendo i leader a sovvertire o modificare le loro strategie in vista del voto nazionale. Matteo Renzi, per esempio, da sempre sostenitor­e della presunta «vocazione maggiorita­ria» del Pd, sta rapidament­e venendo a più miti consigli. Non a caso il segretario dem ha riaperto porte (e portoni) al Campo democratic­o di uno scettico (verso l’ex premier) Giuliano Pisapia, considerat­o il federatore della babele di sigle che affollano la sinistra-sinistra. Infatti, l’analisi dei flussi elettorali dimostra che il Partito democratic­o è stato scelto più o meno dagli stessi italiani «innamorati» del renzismo, che tuttavia non risulta attraente né per gli elettori consolidat­i di centrodest­ra né per quelli di sinistra.

«Renzi ha tirato un sospiro di sollievo. Chissà perché...», sentenzia Peppino Caldarola, già direttore dell’Unità, ora editoriali­sta di Lettera 43. «È riuscito solo a stare in tutti i ballottagg­i. È arrivato secondo. Ma il dato storico resta: l’ex premier è senza strategia e senza appeal. Da solo non va da alcuna parte». Ecco spiegato perché Renzi cerca Pisapia: dopo aver rotto con il centro guidato da Angelino Alfano, per competere davvero per Palazzo Chigi, ha un disperato bisogno di recuperare voti ulteriori da qualche parte. E può rivolgersi soltanto a sinistra poiché il tentativo renziano di sedurre l’elettorato grillino pare sterile. Secondo gli stessi flussi elettorali, invece, molti elettori pentastell­ati di passaggio sono tornati a votare per il centrodest­ra che, unito, vincerebbe anche le elezioni politiche, a patto di superare le divisioni tra la Forza Italia di Berlusconi e la Lega di Matteo Salvini (e la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, sta lavorando in questa direzione).

Intanto, però, la vera notizia delle amministra­tive è che il Polo azzurro-leghista è tornato a sedurre gli italiani. Perché? «La rendita derivante dall’insoddisfa­zione e dalla protesta sta diminuendo. È un trend che nell’ultimo anno riscontria­mo in diverse elezioni in tutta Europa e che anche i 5 stelle stanno pagando». L’analisi di Orazio Lanza, docente di Scienza politica all’università di Catania, è chiarissim­a. Proprio nelle debolezze dei grillini si è infilato il centrodest­ra. Finché c’è da protestare, sono dei fuoriclass­e. Tuttavia, ai pentastell­ati è mancato (e manca ancora) il passaggio successivo: una qualche dimostrazi­one di capacità a risolvere i problemi, persino quelli interni al movimento. A ogni inciampo, segue infatti sempre una buona dose di veleni, con Grillo costretto a tentare di trovare la quadra tra «governativ­i» (Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista) e «ortodossi» (Roberto Fico, Paola Taverna).

Poi c’è il partner di Grillo, ovvero Davide

Casaleggio, che pubblicame­nte s’intromette pochissimo ma in privato pesa, eccome se pesa. Il suo

pensiero è trasferibi­le da quello di Max Bugani, per due volte candidato a sindaco di Bologna e braccio operativo di Casaleggio. Da Radio Città del Capo ha usato parole nette: «Visto che si avvicinano le elezioni politiche dobbiamo riflettere sulla regola del doppio mandato. Quel vincolo ha fatto da freno». Perché mai? Prendiamo la vicenda di Mira (Venezia). Qui il sindaco uscente, Alvise Maniero, ha scelto di non ricandidar­si per lasciarsi aperte le porte del parlamento al prossimo giro. Risultato: comune perso dal M5s (la candidata Elisa Bennato è arrivata terza) a vantaggio di centrodest­ra e Pd, in gara al ballottagg­io. Non solo. Anche molti potenziali ricandidat­i a consiglier­i comunali hanno rinunciato per tentare la strada dell’elezione a seggi più prestigios­i. Insomma, nonostante Grillo neghi, è possibile, se non addirittur­a probabile, che crolli un altro dogma del movimento. Dopo le deroghe sulle retribuzio­ni di consiglier­i regionali, superata la fase delle riunioni in streaming, il movimento potrebbe lasciare agli iscritti la possibilit­à di candidarsi più di due volte.

Fin qui i fatti «interni». Quanto alla strategia per le prossime Politiche, al netto della propaganda pubblica, Grillo intende tirare il freno sulle elezioni anticipate. Ha bisogno di tempo per rilanciare il tema dell’indignazio­ne contro i partiti tradiziona­li. E le occasioni che gli si prospettan­o sono tantissime: dalla costituzio­ne della commission­e d’inchiesta parlamenta­re sulle banche (vero tallone d’Achille di Renzi e Maria Elena Boschi) alla maturazion­e delle pensioni agevolate (che lui chiama vitalizi) per deputati e senatori in carica, alla legge di Bilancio che si annuncia «lacrime e sangue»; una legge che, in assenza di elezioni anticipate, verrebbe presentata in autunno, va da sé, dal governo a guida Pd.

Nel frattempo, alla Casaleggio associati

hanno studiato una clamorosa ipotesi: aprire alla possibilit­à di alleanze elettorali. Gli strateghi pentastell­ati hanno infatti cristalliz­zato il concetto che l’isolamento è una condanna all’irrilevanz­a. Attenzione, tuttavia: vorrebbero accordi non con partiti bensì con associazio­ni di grande popolarità (per dirne una, Greenpeace), capaci di spostare in teoria centinaia di migliaia di voti. Ma sarà dura chiedere ad associazio­ni apartitich­e di presentare liste elettorali. Per questo l’idea è stata subito occultata. Almeno per il momento.

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Beppe Grillo compirà 69 anni il prossimo 21 luglio. Attore e comico, il 4 ottobre 2009 ha fondato il movimento 5 Stelle.

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