CHE COSA HANNO SCRITTO
«Sono state le prove generali di un corralito (la chiusura delle banche a tempo indeterminato, ndr), come accadde in Argentina a fine 2001 quando poi ci fu il default» spiega alla tv Vivo Play Nelson Bocaranda, uno dei giornalisti venezuelani meglio informati. Il New York Times, di solito benevolo con i governi della sinistra populista sudamericana, definisce «disperata la situazione del Venezuela», addirittura consigliando «un default» al regime. El Nacional, l’ultimo quotidiano di grande tiratura rimasto critico del regime chavista, si sofferma su «Ciudad Bolívar, dove a causa dei 450 negozi saccheggiati da giorni vige il coprifuoco». E l’agenzia cattolica Fides ha definito «Ciudad Bolívar l’Aleppo venezuelana».
«La Cina fa paura perché è una potenza che continua a rafforzarsi » scrive la Bbc, ma il problema è che «l’imprevedibilità dell’America di Donald Trump appare ancor più destabilizzante» aggiunge il Washington Post. I paesi dell’Asean si sono avvicinati agli Usa per farsi proteggere, ma oggi temono che le dichiarazioni di Trump possano far degenerare l’attuale equilibrio in un conflitto armato, di cui sarebbero i primi a pagarne i costi, commenta Foreign Policy. Alcuni, come Malesia e Filippine, riavvicinate a Pechino, sono disponibili a risolvere la questione del Mare cinese meridionale in via bilaterale. Ma altri, come il Vietnam, non vogliono trasformarsi in merce di scambio nel confronto UsaCina, spiega il South China Morning Post.
«L’Australia non è pronta per diventare una repubblica» sentenzia The Sydney Morning Herald. «Né ne ha bisogno, visto che è comunque una democrazia che funziona benissimo […] Ci sono molte altre questioni urgenti da risolvere: l’economia arranca, e la questione degli aborigeni non può restare sospesa in eterno». Aggiunge Abc, «nei confronti della Regina Elisabetta c’è grande rispetto, attaccamento e simpatia» e il Paese non sente il bisogno di un Capo di Stato australiano. Per Il Globo ritornare sul tema della repubblica sarebbe «un suicidio politico». Se gli australiani hanno votato No nel ’99, quando l’idea del cambiamento era stata accolta con entusiasmo, possiamo essere certi che oggi il Sì non ha speranze. IL PARERE DI SOW KEAT TOK Analista del Centre for Contemporary Chinese Studies, University of Melbourne. IL PARERE DI ALLAN PATIENCE Docente alla School of Social and Political Sciences della University of Melbourne.