DiCaprio «Da bambino giocavo ai cowboy»
IL SUO ULTIMO FILM, GIRATO DATARANTINO, SBANCA IL BOTTEGHINO IN ITALIA. E LA STAR CONFESSAAOGGI: «SONO DIVENTATO ATTORE PER CASO. MAMI IMPEGNO OGNI GIORNOPER SALVARE IL PIANETA. ANCHE CONTRO TRUMP»
C’era una volta a... Hollywood, il tuo ultimo film con Tarantino, è da poco uscito Italia e ha subito dominato il botteghino con 5 milioni e mezzo di spettatori in meno di una settimana. «Davvero? Eh già, dimenticavo, in Italia i grandi film non escono mai d’estate ( ride, ndr). Quentin è molto soddisfatto del film. Può diventare il suo più grande successo e sono proprio felice per lui. Tarantino mi ha insegnato molte cose: oltre a essere un bravissimo regista è uno che sa tutto sulla televisione che non homai conosciuto e sui film di serie B. Mi ha aiutatomolto a immedesimarmi in Rick Dalton, l’attore che interpreto nel film, una star dei western in declino e dei B-movie che non ha maii raggiunto il successo vero».
Un personaggio un po’ diverso dall’attore che sei, giusto? «Sì, ma mi sono immedesimato subito in lui. Crescendo a Hollywood, era un tipo di personaggio che conoscevo bene, e in un certo senso è un uouomo che si preoccupa del
proprio declino. Ha una carriera in cui si viene immortalati da film o programmi televisivi, ma Rick si sta rendendo conto che la sua cultura e l’industria del cinema lo stanno superando. E l’insicurezza prende il sopravvento. È un tipomolto buffo e complicato».
Leonardo DiCaprio mi parla del suo ultimo film. Ma questi sono i giorni in cui al Palazzo di Vetro dell’Onu a NewYork si è aperto il summit mondiale per il clima. Su Instagram l’attore invita a scioperare per il clima e a lottare insieme per un pianeta migliore. Perfino Hollywood e la trafficata Los Angeles, perDiCaprio, sono natura da proteggere.
Che cosa significa Hollywood per te? «Significa tante cose. Sono nato e cresciuto qui. Mio padre era un distributore di fumetti e ogni weekend lo aiutavo a fare le consegne. Ho un vivo ricordo di Stan Lee ( il celebre fumettista ed editore dellaMarvel, ndr). Stan non vedeva l’ora che arrivassimo a casa sua. Comprava tutte le riviste. Io collezionavo i libri della Marvel e lui mi raccontava tutto sulle sue creazioni. Stan è sempre stato un mito per me, un punto di riferimento, ci siamo parlati fino a poco tempo prima che morisse. Che uomo straordinario!».
Tu sei molto impegnato per l’ambiente: quando ti sei accorto che il nostro pianeta è a rischio? «Ero ancora un ragazzino quando andavo a giocare a indiani e cowboy lungo il Los Angeles river, il fiume. Era un bel posto, un’isola verde nel mezzo della città. Potevamo giocare
perfino agli esploratori. Poi iniziarono a sparire le rane. Poi le anatre. E quando ho avuto la fortuna di diventare ricco e famoso con Titanic, mi sono sentito in dovere di chiedere fondi, investigare e aiutare».
Alcuni scienziati dicono che siamo spacciati. Tu sei ottimista? «A dir la verità, è incredibilmente difficile essere ottimisti. Gran parte della mia vita è dedicata a questi problemi e col lavoro della mia Fondazione ogni giorno vengo raggiunto da notizie di nuovi cataclismi. È un’epoca senza precedenti, quindi è difficile rimanere ottimisti. Il 99 per cento della comunità scientifica è d’accordo sul fatto che le emissioni di carbonio siano la causa di questi cambiamenti climatici. Come Stati Uniti dovremmo dare il buon esempio, invece abbiamo un presidente ( Donald Trump, ndr) che sta ostacolando il summit sul clima. Tutto ciò che possiamo fare è pregare e continuare a combattere».
Sono quasi 20 anni che ti batti con la tua Leonardo DiCaprio Foundation. Di quali risultati sei orgoglioso? «Del supporto che diamo a molte comunità indigene. Sono in prima linea, ad esempio, per combattere ciò che sta succedendo in Brasile. Gli incendi sono pazzeschi, proprio quando questa nuova amministrazione vuole entrare in Amazzonia con dighe idroelettriche, miniere e allevamenti di bestiame, il che significherebbe la disintegrazione del tessuto e della rete vitale degli ultimi polmoni della Terra. Dobbiamo sostenere le tribù indigene, ultima roccaforte per evitare la scomparsa di questi luoghi che ritengo sacri per la nostra sopravvivenza. Con la Fondazione aiutiamo circa 200 diverse organizzazioni di base che non fanno parte di unamassiccia burocrazia e abbiamo supportato le comunità locali che vivono lì e stanno combattendo non solo per la loro sopravvivenza, ma per l’habitat e la biodiversità della zona».
Tuo padre ancora oggi porta i capelli lunghi… «Sì, mio padre è ancora uno di quegli hippy che vedi nel film di Tarantino. Anzi, ha fatto anche da comparsa sull’Hollywood Boulevard e non ha dovuto nemmeno truccarsi. Ma sai una cosa? L’unica ragione per cui sono diventato attore è perché vivo da sempre a Hollywood. Certo, ho sognato di diventare un attore ma non mi sono mai sentito parte del club. Se volevo andare a un provino, mia madre mi veniva a prendere a scuola emi portava direttamente lì. Sono stato fortunato a essere nel posto giusto al momento giusto. Se ciò non fosse accaduto, la mia vita sarebbe drasticamente diversa».
Torniamo al film: com’è stato lavorare con Brad Pitt? «È stato fantastico. Siamo della stessa generazione e abbiamo cominciato nello stesso momento. Brad non è solo un attore eccezionale, ma un grande professionista. Quentin ci ha dato vecchi film e serie tv da vedere per crearci la nostra storia, ma non dimenticherò mai una frase di Brad il primo giorno delle riprese. Mi guarda e mi dice: “You are Rick-fucking Dalton!”, (“Sei quel fottutissimo Rick Dalton!”). A quel punto abbiamo iniziato a girare con Quentin che sghignazzava felice».